L’archeoacustica: antica tecnologia del suono riscoperta nei siti archeologici
Gli antichi dovevano essere dotati di un intelletto e di una sensibilità davvero particolari, E “l’archeoacustica” inizia a metterlo in evidenza
I risultati della recente ricerca indicano che i costruttori antichi o preistorici delle strutture monumentali scoperte in luoghi diversi come l’Irlanda, Malta, la Turchia meridionale e il Perù hanno tutti una caratteristica peculiare comune – potrebbero essere stati progettati appositamente per condurre e manipolare il suono al fine di produrre determinati effetti sensoriali.
L’archeoacustica è una nuova disciplina che si sta rivelando particolarmente importante per capire le reali funzioni di determinati siti archeologici, come pure di alcuni antichi manufatti. Fino a pochi anni fa, l’archeologia si era concentrata primariamente sull’aspetto più concreto dei reperti archeologici (strutture architettoniche, reperti, caverne…), ovvero la loro componente fisica più materiale.
“Ci stiamo occupando di un segreto perduto”, afferma Linda Eneix, Presidente della Fondazione OTS, dedicata alla ricerca archeologica e agli studi connessi ai templi antichi di Malta. Situate a sud della Sicilia, le isole di Malta e Gozo ospitano strutture megalitiche create da un popolo altamente sviluppato più di mille anni prima di Stonehenge e delle piramidi egizie. I monumenti, tra i quali vi sono antichi templi, sono esempi di un’architettura nella sua forma più pura e originale. Certe caratteristiche di progetto, tra cui i soffitti a sbalzi, si rispecchiano nelle camere sotterranee dei santuari funerari, scavate nella solida roccia calcarea. (In architettura, si chiama volta “a sbalzi” un sistema costruttivo come quello dei trulli pugliesi, in cui ogni fila di pietre sporge rispetto a quella al di sotto di essa, riducendo l’area del soffitto in ogni corso successivo verso l’alto e distribuendo il peso complessivo).
Nel 2008 è iniziato uno studio tuttora in corso sull’imponente complesso in pietra risalente a 6000 anni fa noto come l’Ipogeo di Hal Saflieni sull’isola di Malta, che sta dando risultati rivelatori. “Stare in piedi in questo Ipogeo è come essere dentro una campana gigante”, dice Eneix. “Si sente il suono nelle proprie ossa, quanto si sente con le orecchie. E’ davvero emozionante! […] L’attività cerebrale regionale di un certo numero di volontari sani esposti a diverse frequenze di vibrazione del suono è stata monitorata tramite EEG”, riferisce Linda Eneix. “I risultati hanno indicato che a 110 Hz i modelli di attività sulla corteccia prefrontale si spostano bruscamente, sfociando in una correlata disattivazione del centro del linguaggio e un temporaneo spostamento del lato dominante dall’emisfero sinistro a quello destro relativamente ai processi emotivi e creativi. Spostamento che non si è verificato a 90 Hz o a 130 Hz ……Oltre a stimolare i lati più creativi, si rileva che in un’atmosfera del suono in risonanza con la frequenza di 110 o 111 Hz, si è ‘accesa’ un’area del cervello che gli scienziati bio-comportamentali ritengono connessa allo stato d’animo, all’empatia e alla socializzazione. Consapevolmente o meno, le persone che hanno trascorso del tempo in un tale tipo di ambiente in presenza di un uomo dotato di voce maschile bassa – mentre eseguiva un canto rituale o più semplicemente parlava – si stavano esponendo a vibrazioni che potrebbero avere effettivamente impattato sulla loro psiche”.(Linda Eneix, “The Ancient Architects of Sound”, Popular Archaeology Magazine, vol. 6, marzo 2012).
Un consorzio chiamato The PEAR Proposition: Princeton Engineering Anomalies Research, è formato da pionieri nel campo dell’archeo–acustica, una scienza che fonde l’archeologia e la scienza del suono. Diretto dal fisico Robert Jahn, il gruppo PEAR cominciò nel 1994 a compiere esperimenti sul comportamento acustico in siti megalitici come Newgrange e Wayland’s Smithy nel Regno Unito. Essi hanno trovato che tutte le antiche camere presentavano una forte risonanza con una frequenza del suono tra i 95 e 120 Hertz: ben all’interno della gamma della bassa voce maschile.
Nei successivi test OTSF, si è scoperto che le camere di pietra nei templi antichi a Malta presentano lo stesso modello di risonanza, a una frequenza di 110 o 111 Hz.
Nel 2003 Chris Scarre della Durham University e Graeme Lawson del MacDonald Institute di Cambridge hanno realizzato un libro, intitolato Archaeoacoustics, che rappresenta la prima pubblicazione in questo specifico ambito. Il libro indaga sul ruolo che il suono ha avuto nel passato, dall’antichità più remota fino al XIX secolo. Si è infatti scoperto che alcune antiche costruzioni (tombe megalitiche, caverne dipinte risalenti al paleolitico, siti archeologici vari, chiese romaniche) possiedono qualità sonore molto particolari che hanno spinto i ricercatori a indagare sulle possibili motivazioni che ispirarono i loro costruttori. Alcuni complessi archeologici, infatti, erano stati costruiti con ogni evidenza per eliminare quanto possibile i rumori esterni, creando in tal modo un isolamento che permettesse di esaltare al massimo la particolare dimensione sonora ottenuta all’interno.
Si ritiene anzitutto che alcuni suoni, nel passato, celassero magia e recassero significati sacri, perchè si dava credito alla comunicazione con il divino o con i regni dell’aldilà. È quindi diventata sempre più certa l’ipotesi che in passato le costruzioni architettoniche sacre ponessero particolare enfasi al modo in cui poter trattare i suoni.
Eneix osserva. “E’ logico che i costruttori degli antichi templi osservassero gli echi e le caratteristiche del suono nelle grotte, e quindi cercassero di ricreare lo stesso ambiente in modo più controllato. Lo stavano facendo intenzionalmente, per facilitare uno stato alterato di coscienza? Vi sono molte cose che non conosciamo”.
L’acustica può anche essere stata parte di una diffusa tradizione religiosa. Vecchie foto, in una prima edizione del National Geographic Magazine, mostrano la scoperta, in livelli sicuramente datati dei templi di Malta, di pietre a forma conica con una notevole somiglianza all’Omphalos o “ombelico” dell’oracolo di pietra di Delfi, utilizzato molto più tardi nel tempo da antiche sacerdotesse greche che ascoltavano la voce della terra per trarre presagi.
Un mistero affascinante, anche se raramente discusso, a Chichen Itza, riguarda le strane anomalie acustiche osservabili nel grande cortile della palla e nel tempio di Kukulkan. Le parole sussurrate a bassa voce a un’estremità del grande cortile della palla (che misura 161 metri di lunghezza e 66 metri ca. di larghezza) sono chiaramente udibili fino in fondo e un semplice battito di mani o messaggio risuonava dal centro del Cortile della palla a produrre nove echi distinti. I visitatori hanno anche potuto constatare un curioso fenomeno acustico presso la piramide di Kukulkan, dove il suono di un applauso con le mano rimbalza indietro con un’eco come il suono di un cinguettio di uccelli Quetzal, l’uccello sacro associato sia con il nome della piramide sia con la sua divinità Kukulkan / Quetzalcoatl.
Già nel 1994 una équipe di studiosi dell’università di Princeton aveva scoperto che nelle stanze presenti in alcuni siti megalitici (Newgrange in irlanda e Wayland’s Smithy in Inghilterra) si producevano alcuni effetti acustici assai speciali: una forte risonanza (detta tecnicamente “standing wave”) nella gamma vibratoria compresa fra i 90 e i 120 Hz. Così testimonia la stessa Linda Eneix: «Quando ciò si produsse, i suoni che udivamo erano percepiti in modo distorto e misterioso, con una rilevazione che variava in base alla dimensione della stanza e della qualità della pietra.»
Le più recenti scoperte archeoacustiche mostrano che in un antico centro cerimoniale peruviano, il Chavín de Huántar, risalente a 3.000 anni fa, era presente una raffinatissima conoscenza della manipolazione del suono in relazione all’architettura, concepita per produrre ben determinati effetti sonori capaci di alterare le percezioni sensoriali. Con l’ausilio di conchiglie sonore, l’oracolo produceva effetti “magici” sul suo uditorio. Miriam Kolar, della Stanford University, ha presieduto agli studi e afferma che «a Chavín, abbiamo rilevato evidenze acustiche di una trasmissione selezionata di suoni fra il monolito Lanzon e la piazza circolare: un sistema acustico-architettonico in grado di filtrare frequenze sonore prodotte dalle pututus [conchiglie sonore] e dalla voce umana» (“Magic Sounds of Peru’s Ancient Chavín de Huántar”, Popular Archaeology Magazine, vol. 5, Dicembre 2011). Ricordiamo che il “Lanzon” è una statua sacra che raffigura la divinità principale dell’antica cultura Chavín; è collocata in una stanza sotterranea e un sofisticatissimo condotto acustico la collega alla piazza circolare di cui si accenna nell’articolo, che è uno spazio all’aperto dove si svolgevano determinate attività cerimoniali.
Perché 110 Hz?
Molte indagini archeo–acustiche di strutture megalitiche dell’età preistorica hanno individuato le risonanze acustiche a frequenze di 95–120 Hz, soprattutto in prossimità di 110–12 Hz, tutti campi presenti nella gamma vocale umana. Queste camere possono essere servite come centri per eventi sociali o spirituali, e le risonanze delle cavità delle camere potevano essere destinate a sostenere il canto rituale umano. Uno studio recente ha valutato la possibilità che i toni a queste frequenze possano interessare specificamente l’attività cerebrale regionale. In un progetto pilota, 30 adulti sani hanno ascoltato toni a 90, 100, 110, 120 e 130 Hz, mentre l’attività del cervello era monitorata con l’elettroencefalogramma (EEG). L’attività nella regione temporale sinistra è risultata essere significativamente inferiore a 110 Hz rispetto ad altre frequenze. Inoltre, il modello di attività asimmetrica sulla corteccia prefrontale si spostava da una attività maggiore a sinistra, per la maggior parte delle altre frequenze, ad una posizione dominante verso destra quando il suono andava verso 110 Hz. [COOK, I. A.; PAJOT, S. K.; LEUCHTER, A. F., Ancient Architectural Acoustic Resonance Patterns and Regional Brain Activity, Time and Mind, Volume 1, Number 1, March 2008 , pp. 95-104(10).]. Questi risultati sono compatibili con la disattivazione dei centri relativi al linguaggio e uno spostamento dell’attività prefrontale che possono essere correlati a processi emozionali.
(vedi Left Brain: Right Brain di Dan Eden: http://www.viewzone.com/bicam.html). Questi primi risultati intriganti suggeriscono che le proprietà acustiche delle strutture antiche potessero influenzare la funzione del cervello umano, e suggeriscono che il canto avrebbe potuto essere utilizzato per potenziare le attività della parte destra del cervello.
Sempre più frequentemente, ci si accorge che nella più remota antichità dovevano esservi conoscenze raffinatissime e, se studiate con la necessaria pazienza e umiltà, potrebbero avere molto da insegnarci. Fino a qualche decennio fa, l’errore principale è stato quello di voler paragonare quelle culture alla nostra e, non rintracciando alcuna complessa tecnologia (perfino nella costruzione delle grandi piramidi egizie non si rileva l’uso di macchinari particolarmente sofisticati), relegarle a una dimensione primitiva o selvaggia. Oggi iniziamo a comprendere che quei selvaggi potrebbero avere sviluppato alcune linee di ricerca che l’attuale uomo “civilizzato” ha scartato e che dovrebbero invece essere integrate alle proprie conquiste. A partire dal senso segreto del Rig-Veda, capace a nostro avviso di gettare qualche luce significativa sulla spirale evolutiva della coscienza umana e terrestre.