Ma chi erano gli Oannes, il mito degli “Uomini-Pesce” portatori di civiltà?
Sono in pochi a dare uno sguardo al mito di Oannes, storicamente, l’humus culturale-religioso delle più antiche civiltà del nostro pianeta e risulta essere allo stesso tempo al centro di uno dei più interessanti misteri della storia passata e tenuta lontana dai riflettori per motivi che possiamo solo immaginare.
Dobbiamo anche ammettere che testi antichi, quanto quelli moderni, ci danno scarse informazioni riguardo a questa figura leggendaria, dati che sono stati però in grado di fornirci degli interessanti spunti per le nostre riflessioni.
Fin dall’antichità le remote saghe babilonesi e sumeriche ci hanno lasciato evidenti tracce della presenza di questo mito testimoniandoci altresì la sua esistenza in bassorilievi ed incisioni.
Nel 275 a.C. lo storico babilonese Beroso, nella sua “opera maxima” sulle antiche tradizioni e civiltà del subcontinente arabico, affronterà nuovamente l’argomento lasciandoci ulteriori dettagli, ma allo stesso tempo maggiori domande, sulla reale presenza di questo essere divino. La sua opera, anticamente costituita da tre libri, è giunta fino a noi solo attraverso poche citazioni o frammenti risparmiati dal tempo.
Nelle sue trattazioni Beroso racconta come la discesa di questo strano essere non fosse stata l’unica della storia mesopotamica poiché sarebbero stati ben dieci gli esseri divini che discesero sulla Terra per aiutare l’uomo.
Ma chi o che cosa era realmente questo essere dalle fattezze antropomorfe? Forse l’archeologia ufficiale ci potrebbe rispondere che si tratta di un mito, probabilmente di derivazione eziologica, creato per giustificare lo sviluppo di alcuni popoli e forse anche l’esistenza di una antica casta sacerdotale allora esistente. Ma questa spiegazione risponde a tutte le nostre domande? L’unica risposta per noi è “No!”.
Una risposta negativa non tanto per quello che potrebbe essere realmente un mito, abbellitosi ed ampliatosi nel corso dei secoli, quanto per l’enorme quantità di descrizioni totalmente sui generis che ci presentano questo essere non tanto come uno dei tanti dei del passato ma come il dio che avrebbe dato la scintilla della conoscenza all’uomo.
Esistono molti miti simili nelle più disparate religioni di tutto il mondo, ma il mito di Oannes possiede delle basi ed una serie di dati documentali totalmente unici nel suo genere. Questo mito inoltre percorre, e allo stesso tempo precorre, tutta la storia dell’umanità localizzandosi principalmente in quelle che furono “le culle” della civiltà moderna
GLI OANNES
Il mito di Oannes permea profondamente, e storicamente, l’humus culturale-religioso delle più antiche civiltà del nostro pianeta e risulta essere allo stesso tempo al centro di uno dei più interessanti misteri della storia passata.
I testi antichi, quanto quelli moderni, ci danno scarse informazioni riguardo a questa figura leggendaria, dati che sono stati però in grado di fornirci degli interessanti spunti per le nostre riflessioni.
Il primo popolo conosciuto ove questo mito si manifestò sono i Babilonesi, cultura antichissima che tra le prime concorse allo sviluppo della civiltà.
Oannes assunse per questo popolo un valore fondamentale, e a lui venne attribuito il primo incivilimento dell’Assiria e della Babilonia. La tradizione favoleggia dell’uscita di questo essere divino da un “uovo primitivo” (o da una struttura di forma ovoidale) che lo aveva condotto fino sulla Terra così da potersi mostrare agli uomini nella sua forma antropomorfa. In periodi più tardi, e prevalentemente nelle prime culture arabiche moderne, il mito e la figura di Oannes verranno studiate in una chiave di lettura differente che si riferirà al dio pesce come ad una delle tante manifestazioni di “geni benefici” (Jinn) interagenti con l’uomo, figure queste che saranno molto care alla tradizione culturale arabica medioevale.
Un’opera greca di fondamentale importanza ci permette di comprendere fino in fondo il mistero legato al dio-pesce, primo dei Sette Saggi della tradizione sumerica sulle origini della civiltà.
“Babiloniaka” (4) fu l’opera scritta dal già citato storico Beroso (5) che fu sacerdote caldeo del dio Bel (Marduk) e che dopo anni di duro lavoro produsse nel 275 a.C. tre volumi in cui raccolse la storia, gli usi e le tradizioni degli antichi popoli mesopotamici.
Purtroppo il testo originale del “Babiloniaka” è oggi andato perduto; tuttavia il suo contenuto ci è noto grazie ad alcuni frammenti che furono riportati da altri autori e che hanno permesso una se pur parziale conservazione del testo fino ad oggi. Il materiale arrivato fino a noi verte principalmente sulla storia della creazione così come codificata dagli antichi babilonesi in oltre due millenni di storia.
La sua conservazione è stata possibile grazie ad un monaco di Costantinopoli, noto come Syncellus o Synkellos (VIII secolo d.C.) che aveva tratto questo materiale dalle perdute “Cronache” del padre della Chiesa Eusebio di Cesarea (260-340 ca. d.C.) il quale a sua volta aveva attinto da un’epitome dei libri di Beroso fatta nel primo secolo a.C. da Alessandro Polistore (6). Come detto l’opera era costituita da tre volumi nei quali era stata condensata la storia di Babilonia dalle sue origini mitiche fino all’avvento del conquistatore Alessandro Magno (336 – 323).
Fondamentale per la nostra trattazione è il materiale pervenutoci dal primo libro in cui si parla del mito dei Sette Saggi (che affronteremo fra breve) e delle origini della civiltà babilonese. Seguendo quella che è la versione di Polistore, leggiamo:
“Vi era una gran moltitudine di gente a Babilonia, ed essi vivevano senza leggi come animali selvaggi. Nel primo anno una bestia, chiamata Oannes, apparve dal Mar Eritreo, in un luogo adiacente a Babilonia. Tutto il suo corpo era quello di un pesce, ma una testa umana gli era cresciuta sotto la testa del pesce, e piedi umani gli erano similmente cresciuti dalla coda del pesce. Esso aveva una voce umana. Una sua immagine è conservata ancora oggi. Egli (Beroso, n.d.a.) dice che questa bestia passava i giorni con gli uomini, ma non mangiava cibo.
Essa diede agli uomini la conoscenza delle lettere, delle scienze e delle arti di ogni tipo. Insegnò loro anche come fondare città, erigere templi, formulare leggi e misurare i campi. Rivelò loro i semi e la raccolta di frutta, ed in generale diede loro ogni cosa che è connessa con la vita civilizzata. Dal tempo di quella bestia nulla di nuovo è stato più scoperto. Ma quando il Sole tramontava, questa bestia Oannes si tuffava nel mare e passava le notti nell’abisso, poiché essa era anfibia. In seguito apparvero anche altre bestie. Egli (Beroso, n.d.a.) dice che discuterà di queste cose nel libro dei Re (7). Oannes scrisse sulla nascita e sul governo, e diede agli uomini il seguente racconto.”
A questo punto Polistore, rifacendosi al testo di Beroso, presenta una narrazione che Oannes avrebbe dato agli uomini sull’origine della vita. Durante la lettura capiterà sicuramente di effettuare un paragone che per quanto ci riguarda sembra abbastanza obbligato. Nel racconto si parla di una vita primigenia descritta in tutto e per tutto come se fosse quel “brodo primordiale” a cui la scienza moderna sembra far risalire la prima nascita della vita. Vediamo come prosegue il racconto: “Egli (Oannes, n.d.a.) dice che c’è stato un tempo in cui ogni cosa era oscurità e acqua e che in quest’acqua strani esseri dalle forme bizzarre si generarono…”, il testo poi prosegue descrivendo come le prime forme di vita fossero strani esseri, ibridi tra specie diverse che lottarono con la vita e per la vita fino a che una certa forma di equilibrio non iniziò a presentarsi.
La descrizione che ci è stata fatto da Beroso su Oannes, pur se giunta a noi in maniera estremamente frammentaria, è significativa del contribuito fondamentale che questo essere diede allo sviluppo delle civiltà nel bacino meridionale della Mesopotamia, tra il fiume Tigri e l’Eufrate.
Per i successori dei Babilonesi, gli Assiri, Oannes (chiamato anche Oes) sarà la forma greca del “nome del mostro” al quale la tradizione antica attribuirà il merito di aver “incivilito la Caldea”. Questo essere divino, questo “genio” o “straniero” come venne differentemente chiamato, aveva un aspetto mostruoso tale da incutere spavento in tutti coloro che lo poterono osservare. Significativo, nel caso ci dovessimo trovare veramente davanti ad un essere vivente, e caratterizzato da una totale difformità rispetto all’uomo inteso in senso proprio. Se gli fu attribuito il merito di aver incivilito coloro che allora vivevano in Caldea doveva avere senza dubbio una “cultura superiore” rispetto alle popolazioni ivi stanziate e doveva plausibilmente appartenere ad una civiltà superiore (terrestre o no che fosse).
Nel corso dei secoli si è poi cascati molte volte in errore identificando raffigurazioni riferite ad una casta sacerdotale dell’antica Babilonia come ad immagini riferite ad Oannes. Sappiamo infatti dall’archeologia classica che a fianco del mito, e delle raffigurazioni di questo strano essere, è esistita una casta sacerdotale che probabilmente fu l’unica detentrice e custode della conoscenza da esso donata e che altresì si vestì con paramenti sacri che ricalcarono in tutto e per tutto la forma zoomorfa del dio.
Un altro problema sovente citato si riferisce al luogo in cui il dio sarebbe apparso. Secondo Beroso “…sarebbe apparso in tempi mitici uscendo dal Mar Eritreo verso i confini di Babilonia…”. Con cartina alla mano ci si accorgerà subito che il Mare Eritreo è molto lontano rispetto ai confini di Babilonia.
Il “Mare Erirthraeum” era però per molti geografi dell’antichità il Mar Rosso, ma data la distanza della Caldea da questo mare è possibile che “Oannes” potesse avere avuto il suo “vascello” proprio nel Golfo Persico.
IL MITO SUMERICO DEI SETTE SAGGI
Ricca di fascino e di mistero è un’altra tradizione sumerica che si riferisce al dio Oannes, il mito dei Sette Saggi.
I Sette Saggi, chiamati in accadico “apkallu” (ap-kal-lu = saggio) ed in sumerico “abgal”, erano degli esseri vissuti precedentemente al grande diluvio, o tempo mitico la cui “creazione” era stata voluta dal dio Enki (Ea nella letteratura accadica) che aveva concesso loro il dono della saggezza.
La difficoltà moderna nella comprensione di questo mito risiede nel fatto che pur esistendo molti riferimenti a questi esseri, le fonti significative sono estremamente tarde, lasciando presagire la possibilità che si possa trattare di un mito eziologico (8).
Tale ipotesi è stata però molte volte criticata poiché non tiene in considerazione alcuni elementi che oggi proponiamo attraverso le pagine di Archeomisteri.
I dati storici ci dicono che il mito dei Sette Saggi era già presente nel 3.000 a.C. e si riferisce a loro come esseri sapienti estremamente abili anche nell’uso delle “arti magiche e degli incantesimi” (9). Nei testi in accadico più antichi, che testimoniano la presenza del mito dei sette saggi, quello che si presume essere il più antico è “l’Epopea di Erra”, composizione di carattere epico dedicata al dio babilonese della guerra e della sciagura.
La collocazione storica di tale testo è stata molto difficile, ma l’attuale linea di pensiero propende nel collocarla nel periodo di Ur III (fine del terzo millennio a.C.).
Nel testo i Sette Saggi vengono anche chiamati “pesci-puradu” ad indicare uno strettissimo legame con il loro elemento prediletto, l’acqua. Il primo di questi Sette Saggi è quello che forse interessa maggiormente alla nostra trattazione ed è indicato con il nome di “Oannes”.
Oannes ed i Sette Saggi sono così connessi indissolubilmente, nel tempo definito mitico, con l’esercizio della regalità in qualità di consiglieri dei sovrani antecedenti al diluvio nonché come portatori di quelle conoscenze che avrebbero dato inizio alle antiche civiltà.
OANNES ED IL POPOLO ELETTO: ESISTONO DEI COLLEGAMENTI?
L’origine degli Ebrei, nonché del loro nome, è fra gli storici ancora motivo di accese polemiche. Sembra che nell’antichità fossero chiamati Habirù, nome che appare diversamente trascritto presso molti popoli orientali che li definivano Habiri, Apiru, Hapiru.
Comunque sia, tanto il nome Ebrei (moderno) che il nome Habirù hanno in comune la radice Hbr. Gli storici ritengono però che con molta probabilità non si tratti dello stesso popolo.
Diversi studiosi (10) ritengono però verosimilmente che gli Ebrei potessero aver costituito un sottogruppo ristretto degli Habirù mesopotamici. Il termine “ebrei” viene fatto oggi verosimilmente derivare da uno dei patriarchi dell’antichità: Eber, uno dei discendenti di Sem figlio di Noè salvatore dal grande diluvio. Il termine “ebrei” è stato messo in relazione con una radice semitica che alluderebbe al nomadismo. Tale collegamento rimane però ancora un’ipotesi.
Il termine non viene generalmente usato dagli ebrei stessi ma da altri popoli per identificarli, almeno fino a tempi più o meno recenti. Eber rimane comunque uno dei mitici patriarchi legati ad un’età leggendaria.
Il suo nome potrebbe essere stato ricordato nell’antichissima città di Hebron e probabilmente anche nello stesso nome di Abramo, originario di Ur dei Caldei in Mesopotamia. È da notare come la storia dell’epoca leggendaria degli ebrei lasci intravedere con molta chiarezza dati estremamente importanti per future ricerche.
È possibile identificare (al tempo mitico della storia babilonese) i “dieci Re antidiluviani”, i dieci Oannes di cui Beoroso ci riferisce nelle sue opere con i dieci patriarchi biblici (la cui longevità è presente sia nelle narrazioni mesopotamiche che all’interno della Bibbia)?
I collegamenti ed i richiami tra gli Ebrei e la Mesopotamia sembrano essere veramente molti. I miti, le leggende, ed in parte la storia stessa testimoniano la presenza del mito degli Oannidi sia durante il periodo mitico caldeo che in quello ebraico.
Studiosi come il Prof. Solas Boncompagni, a cui personalmente dobbiamo molto per questi nostri studi, ritengono plausibile ipotizzare che gli Ebrei, sottogruppo degli Habirù, potessero aver costituito una ristretta cerchia sacerdotale detentrice dei mitici insegnamenti degli Oannes. Il lavoro di oltre 50 pagine di Boncompagni ha però per ora aperto solo uno spiraglio interpretativo-alternativo sulla storia del popolo eletto, pur avendo fornito elementi veramente interessanti per questo campo di studi.
Recenti ricerche, come abbiamo visto precedentemente, potrebbero farci presumere che a fianco dell’antichissima comparsa di questo strano essere in terra di Babilonia potesse essere sorta una casta sacerdotale che cercò di copiarne le fattezze e custodirne la conoscenza. Forse i primi Ebrei/Habirù costituirono proprio questa casta eletta.
Il ricordo delle imprese di Oannes è sopravvissuto in parte anche nella cultura monoteista ebraica nel Vangelo Aprocrifo chiamato gli “Atti di Pilato”.
Questo testo, in un determinato versetto, narra di quanto Gesù entrò a Gerusalemme nella veste di emissario di Dio e di come il popolo lo acclamò chiamandolo “Oannes che vieni dall’alto dei cieli”.
Secondo alcuni questa frase sarebbe dovuta ad un errore di trascrizione o traduzione nella versione distorta del ben noto “Osanna nell’alto dei cieli”. Lo studioso ebraico contemporaneo “Hayym ben Yehoshua” si dice però convinto della prima ipotesi (in cui si chiama in causa Oannes) in quanto, filologicamente, il nome nei testi originali sarebbe stato proprio Oannes.
Ben Yehoshua si riferisce poi a come nell’iconografia cristiana Gesù viene espressamente caratterizzato dalla figura del “pesce” (11), come lo furono molti altri grandi mistici del passato. Ovviamente possiamo passare come buone queste ipotesi seppur, in assenza di dati significativi, con il beneficio dell’inventario.
Abbiamo visto precedentemente come Enoch fosse stato probabilmente uno dei patriarchi ad essere stato ammesso alla visione delle “sfere divine”.
Enoch oggi è noto per un fatto che possiede forti correlazioni con materie che esulano l’argomento dell’attuale trattazione. Questo patriarca, si narra nel “Libro di Enoch”, (II – I secolo a.C.) apocrifo del Vecchio Testamento: “venne rapito in cielo da un vento impetuoso e portato in una Grande Casa di cristallo, alla presenza dei Figli dei Santi” chiamati, guarda caso, Osannini o Osannes.
Questi esseri interagirono lungamente con il patriarca che afferma, tra le altre cose, che:
“… essi mi dissero che l’universo è abitato e ricco di pianeti, sorvegliati da angeli detti Veglianti o Vigilanti; e mi fecero vedere i Capitani e i Capi degli Ordini delle Stelle. Mi indicarono duecento angeli che hanno autorità sulle stelle e sui servizi del cielo; essi volano con le loro ali e vanno intorno ai pianeti…”
Non c’è bisogno di dire che questo testo è del II – I secolo a.C. e che, se lo consideriamo alla lettera, contiene evidentemente delle informazioni scientifiche sbalorditive.
COMPARAZIONI MITOLOGICHE
Le comparazioni mitologiche finora presentate non finiscono, giacché l’idea di un Dio-pesce la ritroviamo in numerosi altri popoli del Medio Oriente antico.
Fenici, Siri, Aramei ed Amorrei adoravano tutti un dio-pesce di nome Dagone (Dagon), altro dio dalle molte attribuzioni. Nel suo nome si trova però lo stesso significato di “pesce”, data la sua radice ebraica “dag” = “pesce”. Per tali ragioni alcuni orientalisti e mitografi hanno riconosciuto in un altro dio, Derketo/Atargati, lo stesso Dagon.
Se poi volessimo allontanarci dall’Arabia potremmo trovare interessantissimi parallelismi in Cina dove è profondamente radicata la leggenda di uno dei mitici semidei iniziatori della civiltà, guarda caso dalle fattezze antropomorfe di pesce: Fu Hsi uomo-pesce dalle straordinarie capacità e oggi meglio conosciuto in Occidente quale primo “compilatore” dell’I Ching, il “Libro dei mutamenti”.
Dalla Cina la leggenda di questo mitico uomo-pesce si espanse per tutto l’Oriente, ma la prima manifestazione viene fatta risalire anche in questo caso al 3.000 a.C. circa.
Esistono dunque analogie tra Dagone, la filistea Derceto e Oannes (nelle sue varie località), e anche il Mitraismo non fu da meno inglobando nei suoi rituali quelli che potevano essere le ultime vestigia di antichi culti dedicati al dio Oannes.
Proprio il Mitraismo infatti adottò un copricapo cerimoniale dalle fattezze alquanto “insolite”, copricapo che ancora oggi possiamo osservare durante le normali celebrazioni liturgiche cristiane. I vescovi e le alte gerarchie ecclesiastiche infatti utilizzano la Mitra, antico copricapo desunto proprio dalla religione mitraica e inglobato dalla chiesa cattolica durante i suoi inizi.
DAGON, L’UOMO PESCE
A conferma degli eventi narrati ci viene in aiuto un altro dato estremamente importante che nel prosieguo della nostra trattazione troverà raffronti veramente unici.
Il culto dell’uomo-pesce dei Sumeri era diffuso in antico praticamente in tutto il Medio Oriente. Oannes era venerato dai Filistei con il nome di Dagon (o Odakon), mentre una tribù del Mali (nell’Africa sub-sahariana), la tribù dei Dogon, lo chiama ancora oggi “Nommo”.
In base a quanto esposto fino ad ora, dal Medio Oriente ai paesi del Mediterraneo, sono molte le leggende che riguardano esseri dalle caratteristiche simili a quelle di Oannes. Va detto che Oannes è il nome dato dal greco Elladio all’essere mitologico che i popoli accadici chiamavano in realtà “Uan”.
Anche in America i Maya adoravano un essere anfibio che chiamavano “Uaana” che significa “colui che risiede nell’acqua”.
Si noti che personaggi mitici hanno nomi simili in civiltà che non sono mai venute a contatto tra loro.
Anche i Filistei adoravano una creatura anfibia chiamata Dagon che veniva raffigurata, assieme alla sua compagna Atargatis, con coda di pesce e corpo umano. Dagon appartiene alla stessa radice linguistica di “Dogon”, il nome della citata tribù del Mali che adora il Nommo, un essere superiore dal corpo di pesce, propiziatore di tutta la loro cultura, che tornò tra le nuvole all’interno di un “uovo rovente”.
A Rodi, infine, troviamo i Telchini, divinità anfibie dotate di poteri magici, che Zeus scacciò dall’isola perché avevano osato “mutare” il clima.
DA OANNES AI DOGON: ISTRUTTORI ALIENI?
I Dogon sono una popolazione africana stanziata sull’altopiano di “Bandiagara” nella Repubblica del Mali.
Questa popolazione entrò in contatto col mondo occidentale dopo il 1920.
Nel 1931 gli antropologi francesi Marcel Griaule e Germaine Dieterlen vi si stabilirono per diversi anni a studiarne la cultura e le tradizioni. Un vecchio sacerdote della tribù, Ogo Temmeli, fu colui che iniziò a rivelare i segreti detenuti per millenni dalla casta sacerdotale dei Dogon.
Essi parlavano dei Nommo, creature anfibie civilizzatrici provenienti dalla stella Sirio, e mostrarono a Griaule e alla Dieterlen di possedere precise nozioni riguardo a tale astro.
Nel 1950, la Dieterlen pubblicò i risultati dei loro studi nel libro “Le Renarde Pale”, ma si dovrà aspettare fino al 1997 per vedere confermata nella mitologia Dogon una incredibile conoscenza astronomica. I Dogon erano infatti a conoscenza del fatto che Sirio è un sistema multiplo, con Sirio A, Sirio B e Sirio C.
Dimostrarono di sapere che Sirio B ruota attorno a Sirio A, la stella principale, con un’orbita ellittica e con un periodo di 50 anni. Inoltre, cosa più sconcertante, conoscevano l’esatta posizione di Sirio A all’interno dell’ellisse formato dalla rotazione di Sirio B attorno alla stella principale. Sirio B era chiamata “Po Tolo”; “Tolo” significa stella mentre “Po” è il nome di un cereale che ha la caratteristica di essere pesante nonostante le piccole dimensioni.
Sirio B, astronomicamente parlando, è infatti una nana bianca con una densità estremamente elevata.
I Dogon sostenevano che essa era composta da una sostanza “più pesante di tutto il ferro della Terra”.
Ogo Temmeli rivelò anche che una seconda compagna di Sirio A accompagnava “Po Tolo”, e il suo nome era “Emmeia”, era quattro volte più leggera di “Po Tolo” ed orbitava attorno a Sirio A con un periodo di 6 anni. Il sistema di Sirio era quindi un sistema ternario.
Sirio B, la piccola nana bianca fu vista e fotografata solo nel 1970 mentre Sirio C è stata rilevata nel 1997 attraverso calcoli matematici sulla perturbazione delle orbite delle altre due stelle (12).
Chiaramente tali conoscenze detenute per millenni da un popolo tribale circa cognizioni che solo oggi possiamo e potremmo avere hanno sconcertato, e sconcertano, l’intera comunità antropologica mondiale.
La conoscenza dei Dogon non era limitata solo a Sirio.
Ogo Temmeli disegnava altresì il pianeta Saturno all’interno di un cerchio più grande (gli anelli), e sapeva che Giove possiede accanto a sé “quattro compagne” principali (le note lune galileiane). La Terra era raffigurata come una sfera e ne conoscevano il principio di rotazione sul proprio asse (assieme a quello degli agli altri pianeti). Sapevano che la Luna è “morta e disseccata”, che l’Universo “è un’infinità di stelle e di vita intelligente” e che la Via Lattea, la nostra Galassia, ha un movimento a spirale cui partecipa anche il nostro Sole.
Tutto ciò oggi può, forse, apparire scontato in una civiltà che basa i suoi punti cardine sulla comunicazione di massa, ma è del tutto incredibile se si considera che solo alcuni secoli fa per noi occidentali la Terra era piatta. I Dogon però conoscevano già nel 1931, ma sicuramente molto prima, dettagli strutturali del sistema di Sirio che solo recentemente abbiamo acquisito e che questo popolo si era inspiegabilmente tramandato fin dall’inizio dei tempi (13).
Ma da dove provengono queste conoscenze?
Come abbiamo più volte visto attraverso Archeomisteri, un qualsiasi buon libro di storia antica potrebbe farci comprendere come molti popoli dell’antichità potevano ricavare profonde conoscenze astronomiche da osservazioni fatte ad occhio nudo. Ma Sirio B non è visibile ad occhio nudo, e meno ancora lo è Sirio C. Si potrebbe quindi ipotizzare che tutte queste nozioni sono la reminescenza culturale di un contatto avvenuto anticamente tra gli antenati dei Dogon e il mitico Oannes, che secondo alcuni (14) sarebbe stato né più né meno il primo emissario di una civiltà extraterrestre.
I Nommo furono per i Dogon non dei ma esseri semidivini, per metà uomini e metà pesci, che scesero dal cielo a bordo di una grande arca circolare, e che utilizzavano l’acqua per sopravvivere.
Inoltre, i Dogon facevano distinzione tra l’oggetto che atterrò sulla Terra e un’altra arca, che rimase invece in cielo e che potrebbe essere facilmente interpretabile come una “astronave-madre”. Secondo la tradizione dei Dogon questi esseri, una volta discesi dal loro veicolo, avrebbero cercato per prima cosa dell’acqua per potersi immergere.
L’incontro con gli Otto Nommo non sarebbe però avvenuto nel deserto dove ora risiedono.
Teorie recenti identificano i Dogon come i discendenti di un popolo di origine mediterranea, i Garamanti, che giunsero sull’altopiano del Bandiagara tra il 1200 e il 1500 d.C. provenendo dalla Mesopotamia.
Nell’antichità i Dogon furono in contatto con le culture dell’Egitto e della Mesopotamia, e forse fu proprio qui che i Dogon appresero le loro sorprendenti conoscenze astronomiche.
Tirare le fila del discorso diventa ora una impresa veramente difficile.
Abbiamo detto come dalla Mesopotamia alla Cina, dal Sud-America all’Islanda (ove è altresì presente il mito di un dio-pesce civilizzatore), esista un filo comune che lega l’inizio della civiltà alla presenza di un essere dalle fattezze antropomorfe e di pesce. Oannes costituisce un unicum culturale/religioso che attraversa decine di popolazioni e di paesi in tutto il mondo antico.
È possibile ipotizzare che un possibile contatto di questi esseri con popolazioni indigene condusse ad uno “scambio culturale” tra due mondi e all’acquisizione, da parte dei Sumeri e degli Egizi, di conoscenze astronomiche e tecnologiche altrimenti inesplicabili?
Forse sì, come hanno espressamente affermato negli anni Sessanta i noti astronomi Carl Sagan, statunitense, e Iosif Shklovsky, giacché i dati che la storia ci presenta al riguardo sembrano in effetti essere quanto meno incontrovertibili in tal senso.
di Enrico Baccaglini