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Prove sull’esistenza di Nibiru tenute nascoste?

Prove sull’esistenza di Nibiru tenute nascoste?

Esistono prove sull’esistenza di Nibiru? Come è noto, grazie alle informazioni fornite da alcuni quotidiani statunitensi, nel 1983 il telescopio orbitale denominato IRAS – (Infrared Astronomical Satellite – Satellite Astronomico ad Infrarosso)  avrebbe scoperto un planetoide delle dimensioni di Giove nella direzione di Orione ben oltre il nostro sistema solare.

Il misterioso corpo celeste provocò perplessità tra gli astronomi che non furono in grado di stabilire se fosse effettivamente un pianeta, una cometa gigante, o una vicina protostella che non s’era riscaldata abbastanza da diventare una stella, o una galassia distante così giovane da essere ancora in fase di formazione.

“Tutto ciò che posso dirvi è che noi non sappiamo cosa sia”, disse Gerry Neugebauer, lo scienziato del programma IRAS per il Jet Propulsion Laboratory della California e direttore dell’Osservatorio Palomar presso il California Institute of Technology.

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Prove sull’esistenza di Nibiru tenute nascoste?

Quella dell’IRAS, secondo diversi studiosi in primis Zecharia Sitchin, fu una scoperta determinante nell’ambito della ricerca di Nibiru (Pianeta dell’Attraversamento) perché sancì l’ennesimo ed effettivo interessamento (anche se mai avallato con dichiarazioni ufficiali) dell’establishment scientifico al famigerato Decimo Pianeta allora noto principalmente grazie agli studi e i testi del noto sumerologo.

Ennesimo interessamento perché in realtà già in precedenza l’ente spaziale americano aveva chiaramente lasciato intendere di essere sulle tracce di Nibiru.

In effetti il 17 giugno 1982, la NASA in un comunicato stampa dell’Ames Research Center riconobbe ufficialmente la possibilità dell’esistenza di “qualche genere di oggetto misterioso” oltre i pianeti estremi del nostro sistema solare.

Alla ricerca di Nibiru nel mondo scientifico 

Diversi articoli rilasciati dalla stampa dell’epoca confermarono che gli scienziati stavano cercando davvero Nibiru o Pianeta X.

Una conferma in tal senso giunse con l’articolo pubblicato il 19 giugno dal New York Times intitolato “Spacecraft May Detect Mystery Body in Space” dove si accennava alle sonde Pioneer 10 e 11 e a delle persistenti anomalie nelle orbite di Urano e Nettuno che suggerivano la presenza di un qualche corpo misterioso che si ipotizzava potesse essere ubicato oltre i pianeti estremi del nostro Sistema Solare.

Sempre nel 1982, precisamente il 28 giugno la rivista Newsweek si occupò di Nibiru in un articolo intitolato “Does the Sun Have a Dark Companion?” (Il Sole ha un Compagno Oscuro?). L’articolo riportava che il Decimo Pianeta davvero orbiterebbe (come in un sistema binario) intorno a due Soli (uno è il nostro Sole), ma noi non saremmo in grado di vedere l’altro astro perché sarebbe una “stella oscura”.

L’articolo riportava che: “Un compagno oscuro potrebbe produrre la forza non visibile che sembra trascinare Urano e Nettuno, accelerandoli fino ad un certo punto nelle loro orbite e trattenendoli mentre passano… la migliore scommessa è una stella oscura che orbiti ad almeno 50 miliardi di miglia oltre Plutone… È molto probabilmente o una Nana Bruna(2), o una stella di neutroni.

Altri suggeriscono sia un decimo pianeta… siccome una stella compagna trascinerebbe gli altri pianeti, non soltanto Urano e Nettuno”. Ma il 1983, come accennato inizialmente, è stato l’anno in cui si è avuta una vera è propria svolta soprattutto grazie alla divulgazione di sensibili informazioni nell’ambito del programma IRAS che alcuni media portarono a conoscenza dell’opinione pubblica.

Prove sull’esistenza di Nibiru tenute nascoste?

Il 30 dicembre venne pubblicato un interessante articolo sulle pagine del quotidiano americano Washington Post che si occupò del Decimo Pianeta (dedicando all’argomento uno spazio già nella prima pagina) in un pezzo di Thomas O’Toole intitolato “Mystery Heavenly Body Discovered “ (Scoperto Misterioso Corpo Celeste).

L’articolo riportava che: “Un corpo celeste probabilmente grosso come il gigantesco pianeta Giove e forse così vicino alla Terra da poter far parte di questo sistema solare è stato trovato in direzione della costellazione di Orione da un telescopio orbitante denominato IRAS”.

Posso solo dire – dichiarò Gerry Neugebauer a capo dell’IRAS – che non sappiamo di che cosa si tratti”. “Quando gli scienziati dell’IRAS – continua l’articolo – hanno visto per la prima volta questo corpo misterioso, e hanno calcolato che potrebbe distare solo 80 miliardi di chilometri, si è ipotizzato che potrebbe essere in fase di avvicinamento rispetto alla Terra,….Il corpo misterioso è stato captato due volte dall’IRAS.

Il secondo rilevamento è avvenuto sei mesi dopo il primo, è suggerisce che il corpo non si fosse quasi mosso dalla sua posizione nel cielo.

Questo dato – disse James Houck membro del team scientifico dell’IRAS – suggerisce che non si tratta di una cometa, perché una cometa non sarebbe così grossa come risulta dalle nostre osservazioni, e si sarebbe probabilmente spostata di più”. “E’ possibile – come sottolineato dal quotidiano americano – che si tratti del decimo pianeta che gli astronomi hanno invano cercato”.

L’articolo del Washington Post proseguiva nello spiegare che questo oggetto misterioso non è era stato mai visto da telescopi ottici sulla Terra o nello spazio, ma la sua firma di calore infrarossa fu individuata due volte dall’IRAS quando questi analizzò il cielo settentrionale tra gennaio e novembre del 1983.

La seconda osservazione infrarossa del corpo, che è così freddo che non emana luce, evidenziò che il corpo sembrò non essersi spostato in sei mesi. Questo suggerì che l’oggetto non era una cometa, dal momento che probabilmente si sarebbe mosso. L’articolo spiegava anche che il telescopio infrarosso dell’IRAS, capace di scoprire oggetti molto freddi, calcolò che il corpo celeste era così freddo che la sua temperatura era di circa 273° C sotto zero.

Gli astronomi suggerirono che fosse un “pianeta gassoso gigante, grande quanto Giove”, e così vicino che “sarebbe il corpo celeste più vicino alla Terra al di là del pianeta Plutone”. Questo lo farebbe divenire parte del nostro sistema solare. L’articolo spiegò che c’erano state delle speculazioni che l’oggetto “si stesse muovendo verso la Terra”. Comunque, Neugebauer fu attento a spegnere quell’idea gettando acqua sul fuoco come meglio poteva, pronunciando con certezza che questo oggetto “non è posta in arrivo”. In realtà tale possibilità era più che una mera speculazione e Neugebauer cercò di ridimensionare rapidamente la cosa bollandola subito come infondata. Tuttavia successivi indizi ed ulteriori informazioni nonché testimonianze emerse in questi anni hanno confermato l’effettivo avvicinamento del misterioso corpo celeste.

Le testimonianze di John Maynard e Edgar Fouché

Una testimonianza in particolare degna di attenzione e pressoché sconosciuta anche da buona parte degli addetti ai lavori è quella fornita da John Maynard un ex membro dell’intelligence USA allo studioso americano Marshall Masters. Masters, che in passato ha lavorato alla produzione di programmi scientifici per la CNN, è editore ed autore di diversi testi nel campo UFO-paranormale tra cui uno sul Decimo Pianeta ed insieme a Jacco van Der Wor, Steve Russell and Janice Manning nel 1999 hanno avviato il sito yowusa.com.

Masters nell’aprile 2006 realizza un articolo intitolato “South Pole Telescope (SPT) – America’s New Planet X Tracker” in cui sostiene, grazie a ricerche personali fino ad allora condotte, che l’allora telescopio antartico in fase di realizzazione (ndr. la struttura è stata avviata nel febbraio 2007) sarebbe stato progettato dagli USA per rilevare il Decimo Pianeta. Lo studioso sarebbe giunto a tale conclusione in seguito ai dati raccolti, e solo in parte divulgati dalla stampa sull’avvistamento del corpo celeste fatto dall’IRAS nel 1983, dalle successive scoperte fatte dal prof. Robert Harrington dell’Osservatorio Navale degli Stati Unti ma soprattutto dalle informazioni avute da Maynard su oscuri retroscena legati alla missione spaziale.

Partendo proprio dalla testimonianza di Maynard è possibile comprendere meglio non solo quanto sostenuto da Masters ma giungere in un certo senso alla medesima conclusione. John Maynard è stato un’analista dei servizi segreti militari americani inizialmente con l’Army Security Agency (l’Intelligence dell’Esercito) in seguito in seno alla DIA (Defense Intelligence Agency).

Nel corso dei suoi 21 anni di carriera ha visto prove dell’interesse dei militari nella questione UFO in diversi modi: comunicazioni elettroniche che non provenivano dalla Terra; fotografie di UFO fatte dai militari, visionò foto scattate da aerei spia in cui erano chiaramente visibile UFO.

Diverse di queste immagini erano state scattate durante missioni fotografiche classificate da satelliti segreti come il Talent Keyhole (TK11) ed OMNI.

Quando era in carico alla DIA acquisì familiarità col processo di compartimentalizzazione finalizzato al mantenimento della segretezza. Parte del lavoro di Maynard quando era nella DIA riguardava il progetto D.O.C.L Direct Orbital Code Link (a volte ribattezzato Docile) un sistema che annovera circa 5 miliardi di dollari di satelliti progettati per comunicare con velivoli classificati dell’Aeronautica Militare degli Stati Uniti e possibilmente anche per esaminare lo spazio profondo. Difatti, stando alle dichiarazioni di Maynard uno degli scopi reconditi del progetto D.O.C.L della DIA sarebbe il monitoraggio dell’attività extraterrestre in entrata ed uscita dalla nostra atmosfera.

Una conferma diretta alle affermazioni di Maynard sul classificato progetto D.O.C.L la possiamo trovare nelle sorprendenti rivelazioni fatte negli anni ’90 dall’americano Edgar Rothschild Fouché in merito ai programmi speciali segreti dell’USAF e della National Security Agency (v. “Dentro l’Area 51” UFO Network gennaio 2000).

Fouché, un ex membro dell’Intelligence dell’Air Force americana che ha prestato servizio a Groom Lake nell’Area 51, ha lavorato con diverse strutture aerospaziali militari e produttori di elettronica negli Stati Uniti. Ha partecipato alla progettazione, sviluppo, produzione e valutazione di volo operativo nei programmi classificati di sviluppo aereo, incluse contromisure elettroniche, comunicazioni satellitari, equipaggiamento di cripto-logica e di supporto.

Durante la sua carriera militare, è stato selezionato nei quadri e in molti programmi di sviluppo dei più recenti cacciabombardieri dell’Air Force. Altri programmi di ricerca e sviluppo per i quali lavorò dagli anni ’70 sono ancora classificati Top Secret. Fouché ha ricevuto una formazione tecnica per oltre 4.000 ore dall’Esercito e dal Governo, di cui circa la metà in addestramento classificato.

Per venti anni ha lavorato con l’Aeronautica Militare e con le Agenzie del Dipartimento della Difesa, seguiti da altri otto anni come Dirigente a contratto della Difesa.“Ero uno dei pochi impiegati a Nellis – afferma Fouché – munito di un nullaosta di segretezza Top Secret, con accesso alle decodificazioni criptate. Avevo il certificato di accesso al Modello 4 IFF (un sistema aereo che rispondeva ai codici classificati criptati). Avevo anche il permesso di lavorare su altri dispositivi criptati di cui non posso parlare. Per una serie di combinazioni e data la mia perizia tecnica mi fu richiesto di prestare servizio in un luogo non identificato.

Al mio terzo giorno di lavoro a Groom, dovetti rimuovere un modulo da un pezzo di equipaggiamento per la comunicazione satellitare a più comparti, usato per sostenere alcuni velivoli nelle missioni speciali. Notai, mentre ero all’interno del comparto a controllare i cavi elettrici, che conteneva un’unità sigillata grande più o meno come una grande borsa, ed aveva una targa d’identità di copertura della National Security Agency.

La nomenclatura sulla targa recitava Direct Orbital Code Link. Pensai che era strano, visto che l’unità era parte di un collegamento di comunicazione digitale, usato unicamente per comunicare con veicoli dell’Aeronautica classificati. Non ero a conoscenza allora di missioni militari orbitali non affiliate alla NASA.

Ricordatevi che erano gli ultimi anni Settanta. Lo Shuttle non volò fino al 1981. Disinserii l’unità e, per curiosità, rimossi la calotta dell’accesso posteriore.

Con mio stupore vidi che al suo interno c’erano circa una mezza dozzina di grossi chip ibridi a circuito integrato. Il più grosso chip era collegato ad oltre 500 moduli dello spessore di un capello, ed era grande più o meno come un accendino Zippo. Il timbro d’ispezione sul chip datava 1975.

Nel 1975 le velocità più elevate di lavorazione, sui progetti più classificati, equivaleva a quella di un computer IBM 8088 che girava alla velocità di 4 milioni di cicli al secondo.

Questa unità aveva una velocità di lavorazione di 1 miliardo di cicli al secondo. Fu solo dopo circa dodici anni che vidi una tecnologia paragonabile a questo chip a circuito integrato. Più tardi vidi alla ITT un progetto top secret di sviluppo di avionica. Nella mensa a Groom, sentii termini come Lorents Forces, detonazione a impulsi, radiazioni al ciclotrone, generatori di campo a trasduzione di flusso quantico, lenti energetiche simili al cristallo e accumulatori quantistici EPR (Electron Paramagnetic Resonance).

Basti pensare alle varie testimonianze fornite da alcuni ex-astronauti o tecnici dell’ente spaziale come Clark Mclelland, ricercatori come Richard Hoagland e Van Flandern ed altri ancora. Lo stesso Marshall Masters nel 2000 ha raccolto da Maynard (Il quale ha testimoniato nell’ambito del Disclosure Project di Steven Greer) dichiarazioni che riguardano proprio la NASA e l’insabbiamento delle scoperte fatte dall’IRAS sul Decimo Pianeta.

Tali informazioni sono riportate proprio nell’articolo di Masters accennato in precedenza pubblicato nel 2006. Verso la fine del 2000 Masters ebbe alcune conversazioni con Maynard riguardo al Pianeta X trovandolo, tra l’altro, alquanto ostico a parlare: “Avendo lavorato – dichiara l’ex analista – per la Lockheed Martin sul progetto satellitare Space Imaging situato a Denver (nda.

Nell’aprile del 2000 la Space Imaging su commissione della FAS – Federation of American Scientists rilasciò delle nuove foto satellitari ad alta definizione dell’Area 51 fatte dal satellite Ikonos lanciato dalla base Vanderberg nel settembre del 1999 e progettato dalle compagnie Lockheed Martin, Raytheon e Kodak, tutte partecipanti ai programmi Keyhole), sapevo se un grande oggetto in entrata era in arrivo, l’Hubble o altre sonde spaziali probabilmente l’avrebbero ripreso”.

Tuttavia Maynard si lasciò poi andare e rivelò alcune indiscrezioni relative all’IRAS ed al rilevamento del Decimo Pianeta da questi fatta nel 1983. “John – scrive Masters – finalmente mi disse che era stato inquadrato dal satellite a infrarossi IRAS della NASA nel 1983 e che la storia dell’avaria meccanica venne usata come una storia di copertura.

Come lui mi spiegò, i dati dell’IRAS iniziarono a giungere, e fu allora che scoprirono il Pianeta X. Durante una spazzata (ndr. il termine indica lo stesso tipo di spazzata usato nel linguaggio tecnico aeronautico con gli schermi radar, ossia l’intervallo di tempo tra un impulso trasmesso e il successivo), spiccò fuori come un pollice dolente; e ancora peggio, si stava avvicinando da Sud.

Questa specialmente era una cattiva notizia perché la maggior parte dei più grandi ed avanzati telescopi al mondo sono a Nord dell’Equatore, e fu presa la decisione di dedicare la restante autonomia operativa dell’IRAS all’osservazione di questo singolo oggetto.

Dopo avere rilasciato la storia di copertura sull’avaria meccanica gli addetti al controllo usarono il restante carburante per mantenere un costante tracciamento sull’oggetto finché infine persero il completo controllo del satellite. La ragione del perché era necessario impiegare il combustibile rimanente dell’IRAS è che il tracciamento di un oggetto per determinarne la sua velocità e traiettoria richiede osservazioni multiple. Questo perché più osservazioni tu fai, più aumenti l’accuratezza dei tuoi calcoli di tracciamento”.

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In seguito alla sua partecipazione al Disclosure project di Greer nel 2001 e dopo aver rilasciato un paio d’interviste Maynard nella primavera del 2003 è stato arrestato ed accusato di violazione del suo giuramento di segretezza a salvaguardia della Sicurezza Nazionale come risulta da asserzioni fatte in connessione alla sua attività quale testimone sulla realtà UFO in seno al Disclosure Project.

L’ex-analista DIA venne custodito in una ignota struttura Federale solamente per poco tempo ma una volta rilasciato è di fatto divenuto irraggiungibile o semplicemente avrebbe preferito “sparire” volutamente. In effetti, è probabile, stando a chi lo conosce, che quanto accaduto sia stato un duro avvertimento per indurlo al silenzio e ad astenersi dal fare dichiarazioni in pubblico.

Nibiru Nasa: Il Cover-up della NASA 

A riprova delle importanti rivelazioni fatte da Maynard e dell’effettiva fondatezza di alcune di esse nel 2003 l’astrofisico James McCanney rilasciò alcune sbalorditive dichiarazioni nel corso di un’intervista rilasciata a Rick Martin della rivista americana ‘The Spectrum’ che in seguito venne ripresa dalla rivista australiana Nexus la cui omologa versione italiana sarà pubblicato nel 2004 (v. “Quello che nasconde la NASA” – Nexus n°51). McCanney fondamentalmente ribadisce che esisterebbe un vasto programma di copertura che coinvolgerebbe enti quali la NASA, la CIA, l’NSA e lo stesso Vaticano in merito all’esistenza e al prossimo avvento del Decimo Pianeta.

“La NASA – afferma McCanney – è costituita da un gruppo di scienziati. Questo è il modo in cui la intendiamo: ingegneri che costruiscono velivoli spaziali e cose del genere. La NASA è di proprietà ed è gestita dalla NSA (National Security Agency). Al di sopra della NASA vi è un livello che la controlla. Daniel Goldin, che entrò a far parte della NASA negli anni ’90, proveniva dalla CIA ed il suo lavoro fu quello di secretare o mettere il coperchio sulla NASA; una volta arrivato la prima cosa che fece fu di firmare a tutti coloro che – a tutti i livelli – lavoravano per l’ente un accordo NSA per la non divulgazione di notizie.

La NSA è parte integrante del governo di sorveglianza già attivo. Il Governo Mondiale Unico è già in carica ed è intorno ad esso che ruota tutto quello che accade attualmente”. Tra l’altro proprio in merito a quest’ultimo aspetto Martin pone il quesito sull’eventualità se nel caso anche i Gesuiti siano dietro a tale disegno: ”Gesuiti? [Ride].

Il Vaticano – replica l’astrofisico – ha un ruolo di primo piano nel governo mondiale e ne fa parte, ma non rappresenta l’intero quadro. Si tratta piuttosto di una situazione planetaria, nella quale sono implicate centinaia di famiglie, famiglie assai facoltose, presenti in ogni paese del mondo; esse controllano la politica, l’economia e la finanza. Quindi si tratta di una vasta rete di personaggi di questo tipo”.

Per quanto riguarda le rivelazioni sulla NASA e soprattutto sul Vaticano fatte da McCanney (così come Maynard) supportano chiaramente alcune delle informazioni fornite dal Gesuita al sottoscritto un paio d’anni prima (v. L’intervista al Gesuita). Per quanto riguarda la affermazioni dell’astrofisico sul coinvolgimento della Chiesa riporto proprio un breve stralcio dell’intervista:

Martin: Quali preoccupazioni desta alla NASA il “Decimo Pianeta”? Ha a che fare con la civiltà sumera e gli Anunnaki? Oppure si tratta di qualcos’altro?

McCanney: Non direi, ma la nozione che esiste questo “Grande Oggetto” che si presenta con regolarità è antica. Ciò rientra nei massimi livelli di segretezza in molti di questi gruppi, fra cui il Vaticano. Intendo dire che la prima cosa che ha fatto il Vaticano quando si è manifestata Hale-Bopp è stata quella di costruire in Arizona un osservatorio di classe mondiale e di riempirlo di astronomi. Perbacco, chissà perché?

Poi ne hanno un secondo. Ma quello che è interessante è accaduto dopo che Hale-Bopp è passata – perché pensavano che fosse quella il “Pezzo Grosso”. Torniamo al 1991. Hale-Bopp fu scoperta ufficialmente nel 1995 da Alan Hale in New Messico e da Bopp, il giapponese; vi si imbatterono entrambi la stessa notte e quindi la cometa prese il nome dall’uno e dall’altro…..….Nel 1991 Harrington vide due cose: Hale-Bopp e, dietro di essa, qualcosa di molto più grande. Era il Decimo Pianeta. Questa è la mia convinzione allo stato attuale delle cose. Nel 1991 Hale-Bopp seguiva una traiettoria di collisione quasi diretta con la Terra; con un paio di fotografie fu possibile tracciare l’orbita, che era appunto di quasi-collisione col nostro pianeta.
Martin: Non Stupisce che ci sia stato un tale parapiglia.

McCanney: Un enorme parapiglia. Quando venne scoperta, io contattai il Goddard Space Center – di cui conoscevo la segretaria – e dissi: “Cosa sta succedendo? Sono venuto a sapere che c’è questa cometa…”. In sottofondo si riusciva ad udire gente che urlava. E lei replicò: “Oh mio Dio, questa cometa è enorme!”.

Tuttavia pensai che lei intendesse dire che si trattava di una grande notizia. No, era enorme nel senso che quello che avevano rilevato era un corpo di dimensioni planetarie. Vede, è a questo punto che nasce la divisione, perché fino ad allora anche molti scienziati del Goddard non avevano scoperto nulla al proposito. Tuttavia la seguivano sin dal 1991, forse ancora da prima. Harrington la scoprì e dagli appunti del 1991 si può capire che egli sapeva perfettamente dove andare a cercarla. Ciò che accadde molto tempo fa è…è che si trattava di una delle compagne di Nibiru che devastò la Terra.

Martin: Una compagna?

McCanney: Una compagna. Quella che diventò Venere. Velikovsky aveva perfettamente ragione sul fatto che Venere fosse un’enorme cometa che attraversava il sistema solare e, dal momento in cui fu catturata da Giove sino a quello in cui trovò la Terra sulla sua strada, impiegò circa 600 anni, per poi diventare il pianeta che tutti noi conosciamo. Quindi in origine quello che accadde fu che Hale-Bopp si trovava circa 4200 anni fa, lo stesso periodo in cui Venere fu catturata da Giove; erano letteralmente delle compagne più piccole di Nibiru.

Questo è il motivo per cui non volevano che nessuno venisse a conoscenza della compagna, perché sapeva che era in rotta di collisione con la Terra e che fu la compagna di quella più grande a causare il problema. Quello che tuttavia non compresero fu che Hale-Bopp era, letteralmente, essa stessa una delle compagne. Ora, quando il distruttore, il Pezzo Grosso, Nibiru, arriva, porta con sé un intero sciame di questi corpi.

Martin: Presumo che la cometa NEAT, sia uno di questi?

McCanney: Questo è il punto; quando, alcune settimane fa, siamo stati tempestati da tutte queste comete e loro non hanno mai annunciato la Cometa NEAT, C-2002/VI. Chiaramente tutta questa roba sta arrivando dall’emisfero Sud. Poi naturalmente, per i motivi chi ho citato, Harrington sapeva molto bene dove si trovava; stava “tirando giù” i pianeti Urano e Nettuno. E’ interessante notare che quando la vicenda di Harrington venne a galla, il governo cercò di rilasciare una dichiarazione servendosi di alcuni di quegli astronomi che parlano alla radio, i ragazzi della disinformazione, che se ne vennero fuori con una storiella: “Oh, bé, abbiamo corretto le masse di questi pianeti in virtù di nuove informazioni, risolvendo così il problema”.

Eh no, quando si vedono i pianeti “tirati giù” non si corregge un accidente; questo correggerebbe le cose solo sul piano dei pianeti. Nel 1991 quest’oggetto era abbastanza grande da trascinare Urano e Nettuno fuori dalle loro orbite. Questo è l’ordine di grandezza di questo corpo! Quindi, capirà le preoccupazioni riguardanti la compagna, dal momento che loro sanno, così come lo sa il Vaticano, che l’ultima volta fu proprio quest’ultima a provocare danni; l’unico problema è che la compagna è poi diventata il pianeta Venere….

Martin: La Cometa NEAT è stata una sorpresa? E’ sbucata fuori dal nulla o se l’aspettavano?
McCanney: No. La Cometa NEAT è un altro nucleo assai grande; di dimensioni planetarie – probabilmente pari a quelle della nostra Luna, probabilmente maggiori. La NASA sapeva che stava arrivando, con tutta probabilità la notarono anni fa, come elemento dello stuolo di oggetti in arrivo – a cui penso come oggetti che giungono come parte dello sciame del Decimo Pianeta. Volevano che nessuno ne sapesse alcunché, per il semplice motivo che stava giungendo proprio nei paraggi del Sole e che era di grandi dimensioni. Probabilmente non si aspettavano che diventasse così luminosa come in effetti divenne tuttavia, mentre passava, fu letteralmente visibile nel cielo diurno, proprio vicino al Sole – per un periodo di 12 ore circa”.

L’intervista ad ampio spettro tocca vari aspetti salvo ritornare più avanti sul tema del Decimo Pianeta e sugli effetti del suo passaggio:

Martin: Torniamo ancora un momento al “Decimo Pianeta”. So che lei non ama parlare di cornici temporali, ma ne ha una qualche percezione? Siamo fuori di un anno? Di cento anni?

McCanney: Non lo so, ed è quello che voglio scoprire con la Harrington Expedition.

Martin: Allora a questo punto lei non ne ha idea?

McCanney: A titolo personale sì. Sono sempre restio a parlare di date, perché la gente tende a vincolarti ad esse.

Martin: Può parlarne in termini generali?

McCanney: D’accordo.………..Gli Hopi erano convinti che Hale-Bopp (1995) fosse la Katchina Blu, che doveva procedere di circa 10 anni il Decimo Pianeta; ovviamente in quel contesto 10 anni sono un termine assai relativo. Il punto è se Hale-Bopp sia stata una compagna del Pezzo Grosso, 4.200 anni fa – e questo è il ciclo: per Nibiru non parliamo di 3.600 anni, ma di 4.200 anni – quindi il suo arrivo è previsto entro il prossimo decennio. L’altro aspetto è che la gente sta focalizzando la propria attenzione sul Decimo Pianeta o Nibiru. Vorrei sottolineare che io studio i corpi del sistema extrasolare. NEAT, ad esempio, non corrisponde a nulla di quanto abbiamo mai visto in precedenza; era una cometa nuova di zecca. Quindi è impossibile stabilire se fosse collegata o meno all’arrivo di Nibiru”.

Harrington indicò dove cercare Nibiru

Come già emerso in precedenza dalle affermazioni di Maynard quando l’IRAS rilevò Nibiru (Pianeta X) nel 1983 la NASA stabilì che si stava avvicinando da Sud e ciò arrecò apprensione in quanto i più avanzati telescopi terrestri erano collocati nell’emisfero Nord. Una conclusione quella fatta dall’ente spaziale americano a cui inevitabilmente giunse il prof. Robert Harrington (citato da McCanney) nel 1988.

In effetti, nell’estate di quell’anno, come giustamente evidenziato da Sitchin, vennero pubblicati una serie di articoli su pubblicazioni scientifiche in cui veniva condivisa da diversi scienziati non solo l’esistenza del Pianeta X (sulla scorta dei calcoli delle perturbazioni planetarie ecc) ma l’ipotesi del Dott. Harrington secondo la quale sarebbe inclinato di 30° sull’eclittica ed avrebbe un semiasse maggiore di circa 101 UA, o un asse maggiore di oltre 200 UA.

Avrebbe una massa pari ad almeno quattro volte quella della Terra e con un’orbita simile a quella della cometa di Halley per cui trascorrerebbe parte del suo tempo sopra l’eclittica (nei cieli settentrionali) e la maggior parte sotto di essa (nei cieli meridionali).

Non a caso il team di ricerca dell’Osservatorio Navale (ndr. che è una sezione della Marina Militare USA) giunse all’inevitabile conclusione che la ricerca si sarebbe dovuta condurre principalmente nell’emisfero sud ad una distanza di circa 2,5 volte oltre Nettuno e Plutone.

Nell’ottobre 1988 Harrington divulgò le sue scoperte in un documento intitolato “La posizione del Pianeta X” pubblicato sull’Astronomical Journal e nel quale era presente uno schizzo dei cieli con indicazioni di dove si sarebbe potuto trovare (al momento) il Decimo Pianeta sia nei cieli settentrionali sia in quelli meridionali. In seguito alla pubblicazione del documento Harrington in base ai dati che nel frattempo erano stati raccolti dal Voyager 2 – che aveva raggiunto Urano e Nettuno rilevando perturbazioni costanti, piccole ma ben evidenti, nelle loro orbite – concluse che il Decimo Pianeta doveva trovarsi nei cieli meridionali.

Tra l’altro il 16 gennaio del 1990 Harrington riferì all’American Astronomical Society di Arlington in Virginia che l’Osservatorio Navale aveva ristretto le ricerche del Pianeta X ai cieli meridionali ed annunciò l’invio di un team di astronomi in Nuova Zelanda presso l’Osservatorio Astronomico di Black Birch. Inoltre affermò che in seguito ai dati ottenuti dalla Voyager 2 era convinto che il Decimo pianeta fosse cinque volte più grande della Terra e circa tre volte più distante dal Sole rispetto a Nettuno e Plutone.

Sfortunatamente Harrington morì prematuramente nel gennaio 1993 non prima però di fornire allo stesso Sitchin importanti conferme di persona in un incontro avuto con lui nel agosto del 1990 all’Osservatorio Navale di Washington e confermato in un’intervista fatta al noto studioso dal giornalista Luca Scantamburlo e pubblicata sul numero di Ago/Sett 2006 della rivista “UFO Notiziario”. “Primo, – afferma Sitchin – egli mi disse che il mio libro, Il Dodicesimo Pianeta, era giusto sul lato della sua scrivania per tutto il tempo, ed egli lo consultava ogni qualvolta aveva bisogno di una risposta alle domande sulla ricerca del “Pianeta X”.

Secondo, egli disse e mostrò attraverso degli schizzi orbitali comparabili che il “Pianeta X” ed il “mio” pianeta, che i Sumeri chiamavano Nibiru ed i Babilonesi Marduk, sono unici e lo stesso. E terzo, egli descrisse il pianeta – le sue dimensioni, il suo essere abitabile con un’atmosfera etc”.

Tra l’altro alla successiva domanda in cui si citava proprio il documento di Harrington sul Pianeta X del 1991 dove egli stesso suggeriva che poteva essere visibile nei Cieli Meridionali nella regione del Centauro e dell’Idra, Sitchin rispose: “Sì. Egli mi mandò uno schizzo, segnando con la sua calligrafia dove dovrebbe concentrarsi la ricerca; l’ho pubblicata nel libro Genesis Revisited (L’Altra Genesi, Piemme 2004). Ciò che disse concordava con le predizioni bibliche che riguardano il ritorno del pianeta.”.

Ora, quanto finora esposto risulta rilevante e chiarificatore per gli argomenti che verranno riportati d’ora in avanti e che potrebbero essere utili alla comprensione dell’affaire Decimo Pianeta. In seguito alla missione IRAS del 1983, in particolar modo dalla seconda metà degli anni ’80, in vari parti del mondo sono stati costruiti nuovi e avanzati telescopi nell’emisfero settentrionale ma molti, guarda caso, concentrati in varie aree geografiche nell’emisfero meridionale.

Lo stesso Vaticano in quegli anni avviò, grazie ad un’apposita legge varata dal Congresso degli Stati Uniti, la costruzione del VATT (Vatican Advanced Technology Telescope) sul Monte Graham in Arizona. Il complesso astronomico sul Monte Graham vide la costruzione di tre telescopi uno di questi, il VATT, opera distaccatamente dal Mount Graham International Observatory che gestisce l’avanzatissimo Large Binocular Telescope – LBT frutto della collaborazione tra Stati Uniti, Italia e Germania.

L’ideazione e costruzione dell’LBT ha richiesto una ventina d’anni, coinvolgendo industrie e comunità scientifiche dei tre paesi partecipanti ed è il più grande telescopio ottico su singola montatura (cioè che ha due lenti montate sulla stessa struttura meccanica, come un binocolo) mai realizzato è il più potente di tutto l’emisfero nord con una definizione addirittura superiore al telescopio orbitante Hubble.

Il super telescopio è dotato di un sofisticato apparato denominato Large Binocular Camera, un sistema di super macchine fotografiche digitali in grado di effettuare osservazioni dall’ultravioletto all’infrarosso, con una sensibilità un miliardo di volte più alta di quella dell’occhio umano.

Negli anni ’90, soprattutto a partire dalla seconda metà, e nel nuovo millennio hanno visto la nascita importanti strutture quali il Very Large Telescope (VLT), l’Osservatorio Gemini, il South African Large Telescope (SALT), il South Pole Telescope, l’IRAIT e il PLATO (Plateau Observatory).

Costruito in varie fasi a partire dal 1998 il Very Large Telescope Project (VLT – Telescopio Molto Grande) è un sistema di quattro telescopi ottici separati, affiancati da vari strumenti minori. Ognuno dei quattro strumenti principali è un telescopio riflettore con uno specchio primario di 8,2 metri. Il progetto VLT, costato circa 500 milioni di dollari, fa parte dell’European Southern Observatory – ESO (Osservatorio Europeo Meridionale) un’organizzazione astronomica internazionale, creata nel 1962, di cui fanno parte, al momento, paesi dell’Unione Europea quali: Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Olanda, Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito.

La maggior parte degli suoi osservatori dell’ESO si trovano in Cile (da qui il nome meridionale) dove gestisce due grandi osservatori astronomici nel deserto di Atacama, l’Osservatorio di La Silla e l’Osservatorio del Paranal, che comprende il Very Large Telescope ed il VLT Survey Telescope. Il VLT si trova sul Cerro Paranal, una montagna alta 2.640 metri sul desolato deserto di Atacama, nel Cile settentrionale.

L’ubicazione del VLT in tale area è stata voluta dagli astronomi europei dell’ESO in virtù della bassissima umidità e della eccezionale trasparenza riscontrate grazie anche lontananza da fonti di inquinamento luminoso. Il VLT è dotato di un vasto apparato di strumentazioni in grado di lavorare sia nella luce visibile (FORS per l’immagine e la spettroscopia a bassa risoluzione, UVES per la spettroscopia ad alta risoluzione), che nell’infrarosso grazie alla camera-spettografo infrarossa ISAAC (Infrared Spectrometer And Array Camera) uno strumento multifunzionale in grado non solo di ottenere ottime immagini in infrarosso ma anche spettri di alta qualità di oggetti deboli. Inoltre nel 2007 il VLT è stato dotato di un nuovo ed avanzato strumento denominato HAWK-I (High Acuity, Wide field K-band Imaging) finalizzato allo studio di corpi indistinti quali galassie lontane o pianeti e stelle di piccole dimensioni a lunghezze d’onda a infrarosso vicino.

L’HAWK-I, che è stato progettato, costruito e commissionato dall’ESO, dovrebbe inoltre essere adeguato per la ricerca delle stelle a massa più grande e dei corpi a massa minore nella galassia e un utile dispositivo per lo studio di corpi extrasolari, quali i lontani asteroidi ghiacciati e le comete.

Tra l’altro sempre il complesso dell’Osservatorio di La Silla ospita dal ’99 il telescopio svizzero Eulero, di proprietà dell’Università di Ginevra, progettato per la scoperta di Pianeti Extrasolari.

Il telescopio, che ha appena 1,2 m di diametro, è equipaggiato con un sofisticatissimo spettrografo che consente di effettuare misurazioni di alta precisione della velocità di una stella. Sempre l’ESO con la cooperazione italiana dell’OAC (Osservatorio Astronomico di Capodimonte) ha realizzato il VST ossia VLT Survey Telescope installato a Cerro Paranal in Cile ed operativo dal 2007. Il VST è un telescopio alt-azimutale di survey a grande campo, con un’apertura di 2.6 metri e com un FOV (Field Of View) di un grado quadrato.

Il suo scopo scientifico primario sarà di fare una mappa profonda dell’emisfero Sud permettendo l’identificazione di oggetti interessanti da osservare, poi, più dettagliatamente, con i vari strumenti del VLT. Il telescopio inoltre è dotato di una camera di imaging a grande campo, denominata OmegaCAM, frutto di un consorzio internazionale fra Olanda, Germania, Italia ed ESO.

Grazie a questo strumento di piano focale, a dispetto delle dimensioni del campo di vista, il VST è in grado di garantire un’ottima risoluzione angolare (scala di 0.216 arcsec/pixel), mediante la quale potrà condurre osservazioni in modalità stand-alone in tutta la banda spettrale che va dall’ultravioletto all’infrarosso vicino. Sempre sulle montagne del deserto di Atacama nel 2003 è stato avviato il progetto internazionale ALMA (Atacama Large Millimeter Array), pensato e realizzato da Europa, Nord America e Giappone, in cooperazione col Cile. ALMA è un progetto congiunto tra l’Europa e il Nord America.

In Europa, l’ESO guida i 10 paesi membri più la Spagna. In Nord America, l’NSF rappresenta anche il Consiglio di Ricerche Nazionali del Canada e esegue il progetto grazie al National Radio Astronomy Observatory (NRAO) gestito dall’Associated Universities, Inc (AUI). L’ALMA sarà il più grande radiotelescopio mai costruito e prevede l’installazione di 25 grandi antenne paraboliche di 12m di diametro che costituirebbero però solo la metà del complesso. E’ infatti prevista anche un’opzione per la costruzione eventuale di altre 7 antenne, per un totale di 32 come previsto nei piani originali di costruzione del radiotelescopio.

Il contratto prevede il disegno, la costruzione, il trasporto fin nella postazione a 5 mila metri sulle Ande Cilene e l’integrazione sul posto delle antenne con le altre 25, o forse 32 in un prossimo futuro fornite da Stati Uniti e Canada. Sarà quindi di 50 o 64 il numero totale delle antenne paraboliche che formeranno il grande radiotelescopio. Il Compito principale dell’ALMA sarà quello di osservare e ottenere immagini con una chiarezza senza precedenti, delle enigmatiche regioni fredde dell’Universo che sono non visibile nell’ottico che si mostrano invece brillanti nella regione millimetrica dello spettro elettromagnetico compreso fra le onde radio e la radiazione infrarossa.

Il complesso radio telescopico dovrebbe divenire parzialmente operativo intorno al 2010-2011. Come accennato in precedenza un’altra struttura di rilievo costruita a partire dal 1999 è quella dell’Osservatorio Gemini che consiste in due telescopi gemelli ottici/infrarossi di 8 metri. I Telescopi Gemini sono stati costruiti e vengono gestiti da un consorzio formato da Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Cile, Brasile, Argentina, e Australia. Questa cooperazione è gestita dall’ Association of Universities for Research in Astronomy (AURA). Il centro operativo per l’osservatorio boreale è presso Hilo nelle Hawaii presso il parco universitario dell’University of Hawaii, per l’osservatorio australe è presso La Serena, nel Cile.

Il primo telescopio Gemini North, si trova sul vulcano dormiente Mauna Kea nelle Hawaii ad un altitudine oltre i 4200 m dove le condizioni visuali per le osservazioni astronomiche sono ideali. Il telescopio ha visto la prima luce nel 1999 e ha iniziato l’attività d’osservazione nel 2000. IL secondo telescopio (costruito nel 2000 ed operativo dal 2001) è il Gemini South che si trova ad oltre 2700 m di altitudine sul Cerro Pachón sulle Ande in Cile. La combinazione dei due telescopi gemelli fornisce una copertura completa di entrambi gli emisferi celesti.

Attualmente questi sono tra i più avanzati telescopi nelle bande ottica e infrarossa, e utilizzano le più avanzate tecnologie di osservazione, tra cui la guida laser, l’ottica adattiva e la spettroscopia multi-oggetto. Inoltre un sofisticato sistema di ventilazione, e la speciale copertura dello specchio in argento consentono di ottenere ottime osservazioni nell’infrarosso. Grazie all’elevata automazione i due telescopi possono essere adoperati remotamente, riducendo la necessità di viaggiare degli astronomi.

Nel novembre 2005 in Sudafrica, con tanto di cerimonia ufficiale di battesimo alla presenza del presidente Thabo Mbeki, venne avviato il Southern African Large Telescope (SALT) un telescopio ottico del diametro di circa 10 metri, situato in cima ad una collina all’interno di una riserva naturale a 370 km a nord-est di Città del Capo, vicino alla cittadina di Sutherland.

Il telescopio, concepito principalmente dal Sudafrica che ha contribuito maggiormente al finanziamento, è frutto della collaborazione di altri paesi che hanno collaborato al progetto tra i quali: Germania, Polonia, Stati Uniti, Regno Unito e Nuova Zelanda. Il SALT è il più grande telescopio ottico dell’emisfero australe, ed è in grado di riprendere immagini ed eseguire analisi di spettroscopia e di polarimetria di oggetti celesti che non sono visibili dall’emisfero boreale.

Inoltre, raccoglie oltre 25 volte più luce di ogni altro telescopio africano esistente e può individuare oggetti deboli come una fiamma di candela sulla Luna.

Le scoperte di Murray e Matese

Nonostante la scomparsa di Harrington nel 1993 dopo pochi anni precisamente nel 1999, mentre come abbiamo visto sorgevano o divenivano operativi nuovi osservatori, il Pianeta X tornò a far discutere la comunità scientifica. Il 28 settembre la BBC news pubblicò una notizia dal titolo “La Pioneer 10 scopre un nuovo corpo oltre Plutone” che in un certo senso confermò quanto dichiarato precedentemente da Sitchin nei suoi volumi. La sonda statunitense Pioneer 10 smise “ufficialmente” di trasmettere nel 1997, quando, dopo aver percorso 8.4 miliardi di km. in oltre 25 anni di permanenza nello spazio, si trovava ben oltre l’orbita di Plutone e quindi al di fuori del sistema solare.

“Gli scienziati – riportava il testo – hanno scoperto un nuovo oggetto che orbita attorno al Sole dopo che una sonda spaziale è stata misteriosamente deviata dal suo tragitto. I ricercatori non hanno ancora identificato l’oggetto, ma confidano nella sua esistenza per il fatto che sembra aver deviato la piccola sonda Pioneer 10……Se le osservazioni venissero confermate da altri astronomi, sarà solo la seconda volta nella storia che un oggetto del Sistema Solare è stato individuato per via del suo effetto gravitazionale.

Il primo fu il pianeta Nettuno scoperto nel 1846……Il nuovo corpo è stato localizzato da un team del Queen Mary and Westfield College a Londra e dal JPL di Pasadena in California. Gli astronomi hanno osservato i dati del tracciato della Pioneer 10 ottenuti tramite il NASA Deep Space Network, uno spiegamento di grandi telescopi progettati per comunicare con le sonde in orbita nello spazio profondo .

L’8 Dicembre 1992, quando la Pioneer 10 si trovava a 5,2 miliardi di km di lontananza dalla Terra, videro che era stata deviata dal suo corso per circa 25 giorni. Gli scienziati hanno indagato su tale effetto per anni e stanno tuttora studiando i dati attraverso differenti metodi di analisi, per confermare le loro scoperte. In poche settimane, credono di essere in grado di stabilire un limite massimo alla massa dell’oggetto e compiere previsioni sulla posizione. Prime indicazioni suggeriscono possa trattarsi di un oggetto lanciato dal nostro Sistema Solare dopo l’incontro con un pianeta più grande. La sonda spaziale Pioneer 10, lanciata nel Marzo del 1972, si è dimostrata all’altezza del suo nome e al momento si trova a 1,1 miliardi di Km e ancora trasmette, anche se la NASA ha cessato di monitorarne i segnali nel 1997 dopo che aveva trascorso venticinque anni nello spazio.

Agli inizi di quest’anno, gli scienziati erano confusi da quella che era descritta come una misteriosa forza gravitazionale che agiva sulla sonda stessa, che inaspettatamente si è spinta in una direzione particolare”. Tra l’altro il mese successivo altre due notizie alimentarono ulteriormente il dibattito; il 7 Ottobre, infatti la BBC News pubblicò l’articolo: “Un pianeta oltre Plutone” in cui si venivano citate le scoperte fatte dall’astronomo John Murray : “Un astronomo britannico – scrive la BBC – potrebbe aver scoperto un nuovo pianeta che orbita intorno al Sole.

Il nuovo corpo, però, sarebbe distante dal Sole 30.000 volte più della Terra. Sembra che il nuovo pianeta non possa considerarsi un membro reale della nostra famiglia solare. Forse un pianeta nato altrove, che ha vagabondato nella galassia per poi essere catturato alla periferia del nostro sistema planetario oppure un gemello della nostra stella mai accesosi.

La controversia ipotesi è del Dr. John Murray, della Open University della Gran Bretagna. Per diversi anni ha esaminato i peculiari movimenti delle comete di lungo periodo. Le comete si ritiene provengano dai freddi e bui confini estremi del Sistema Solare, molto oltre i pianeti, in una regione chiamata Nube di Oort…..Analizzando le orbite di 13 di tali comete, il Dr. Murray ha individuato il segno rivelatore di un unico oggetto gigante che le ha deviate tutte quante nelle loro attuali orbite.’Sebbene abbia analizzato solamente 13 comete in dettaglio – ha dichiarato Murray alla BBC News – il risultato è quasi definitivo.

Ho calcolato che esiste soltanto una probabilità su 1.700 che questo sia dovuto a un caso’. In uno studio di ricerca che sarà pubblicato la settimana prossima nel Monthly Notices della Royal Astronomical Society, suggerisce che il remoto pianeta invisibile è diverse volte più grande di Giove.

Così distante dal Sole (4800 miliardi di km) impiegherebbe quasi sei milioni di anni per orbitargli attorno. Questo chiarirebbe – dichiarò Murray – il motivo per cui non è ancora stato individuato. E’ appena percettibile e con un movimento molto lento….Ma il pianeta orbita attorno al Sole nella direzione “contraria” rispetto agli altri pianeti conosciuti.

Questo ha portato alla sorprendente ipotesi che non si sia formato in questa regione spaziale e sia invece “fuggito” da un’altra stella”. Sempre il 7 ottobre il network statunitense MSNBC pubblicò sul suo portale l’articolo “A mystery revolves around the sun” dove veniva riportata non solo la scoperta fatte da Murray ma anche i risultati di una analoga ricerca condotta negli USA dall’astronomo John Matese dell’Università della Louisiana.

“Due gruppi di ricercatori – recita l’articolo – hanno ipotizzato l’esistenza di un pianeta non visibile o stella abortita orbitante attorno al sole alla distanza di oltre 4 mila miliardi di chilometri, molto lontana dall’orbita dei 9 pianeti conosciuti. La teoria, che potrebbe spiegare la traiettoria di alcune comete, è stata inserita in uno studio approvato per la pubblicazione su due diverse riviste…

Nessun telescopio ha individuato finora quest’oggetto.

Ma sulla base del suo effetto gravitazionale, John B. Murray, uno scienziato planetario della Britain Open University, ipotizza che l’oggetto potrebbe essere più grande di Giove, il più grande dei pianeti conosciuti del sistema solare. Murray stima l’orbita dell’oggetto intorno alle 32,000 AU, o 2.98 bilioni miglia dal sole. La sua proposta è apparsa nel numero di ottobre del Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Nel frattempo, ricercatori dell’Università della Louisiana a Lafayette dichiarano che l’oggetto potrebbe essere un pianeta o una Nana Bruna, grande all’incirca tre volte Giove ed orbitante a 25.000 AU. I ricercatori, condotti dal fisico John Matese, dicono che il loro studio sarà pubblicato dalla rivista Icarus.

I ricercatori della Louisiana affermano che la presenza di questo pianeta potrebbe spiegare la configurazioni delle comete. Matese ha dichiarato che l’oggetto in questione avrebbe un’orbita attorno al Sole ogni 4 o 5 milioni di anni circa. Murray invece ipotizza che l’oggetto abbia un periodo di rivoluzione di almeno 6 milioni di anni e che ruoti intorno al Sole nel verso opposto a quello seguito dai 9 pianeti conosciuti. I due ricercatori hanno detto che avevano ognuno familiarità col lavoro dell’altro ma non gli avevano dato uno sguardo approfondito. Hanno ammesso che le loro stime per la massa ed orbita di un corpo misterioso erano simili, ma non potevano dire se stessero parlando dello stesso oggetto.

Come mai un oggetto di tali dimensioni ruota così lontano dal Sole? I ricercatori dicono che un pianeta o una stella oscura potrebbe essersi formata durante la composizione del Sistema Solare miliardi di anni fa, ma è più probabile possa essere un corpo celeste “vagante” catturato dalla forza gravitazionale del Sole. Altra domanda: Perché tale oggetto non è stato visto prima? Murray afferma che perfino un pianeta come Giove non sarebbe stato osservato a tali immense distanze.

Matese e i suoi colleghi hanno dichiarato che la loro ipotetica Nana Bruna non sarebbe stata scoperta neanche dall’IRAS Infrared Astronomical Satellite lanciato nel 1983, ma potrebbe essere individuato dallo Space Infrared Telescope Facility SIRTF (ndr. il nome precedente del telescopio spaziale infrarosso Spitzer lanciato nel 2003) che sta per essere lanciato. Tutto questo potrebbe sembrare fantascienza, ma un esperto del settore osserva che tale ipotesi è stata oggetto di speculazioni per anni.

“Tutti noi ci siamo chiesti se c’era qualcosa lì fuori”, ha dichiarato Brian Marsden, che è a capo dell’International Astronomical Union’s Central Bureau for Astronomical Telegrams e del Minor Planet Center dello Smithsonian Astrophysical Observatory.

Tuttavia, Marsden ha anche espresso un certo scetticismo sulle prove di queste ultime ricerche….. Se le ricerche subissero un intoppo, potrebbero ingenerare nuove speculazioni e domande ancora più sinistre: Alcuni teorici hanno proposto che l’effetto gravitazionale di un oggetto massiccio non visibile in un’orbita distante – soprannominato “Nemesis” or the “Death Star” – potrebbe dar luogo a tempeste di comete, che aumenterebbe le possibilità di un impatto catastrofico con la Terra.

Effettivamente, il fisico Daniel Whitmire, un collega di Matese e co-autore della nuova ricerca, tracciò uno scenario simile nel 1985 per spiegare estinzioni di massa sulla Terra, come quella della scomparsa dei dinosauri.Matese ha asserito che tale oggetto non sembra si adatti come evento da Giorno del Giudizo.

Questo oggetto non è una Nemesi – ha dichiarato alla MSNBC – non crea tempeste di comete’. Egli ha affermato che tale oggetto sembrava avere un’influenza su circa il 25% delle comete con lungo-periodo provenienti dalla Nube di Oort”. Nel 1999 Matese suggerì la possibilità di rivelare il misterioso corpo celeste con l’eventuale impiego dello Space Infrared Telescope Facility (alias Spitzer), che all’epoca però era in fase di realizzazione, in quanto i precedenti telescopi spaziali non erano più operativi a parte l’Hubble (messo in orbita nell’aprile 1990 ed usato per osservazioni nell’infrarosso e nell’ultravioletto). In effetti, dopo l’IRAS bisognerà attendere il 1995 quando l’Agenzia Spaziale Europea lanciò l’ISO (Infrared Space Observatory) che operò fino a quando esaurì elio liquido nel maggio del 1998.

Cinque anni dopo nell’agosto 2003 fu lanciato il Telescopio Spaziale Spitzer (Spitzer Space Telescope o SST, chiamato precedentemente Space Infrared Telescope Facility o SIRTF) ed è tuttora operativo. Lo Spitzer, Costruito dalla NASA, Jet Propulsion Laboratory e il California Institute of Technology, è un osservatorio spaziale che osserva nell’infrarosso.il telescopio ha uno specchio primario di 85 cm di diametro ed è dotato di tre strumenti l’IRAC, l’IRS e il MIPS che consentono la raccolta e misurazione della radiazione infrarossa.

L’IRAC (InfraRed Array Camera) è una camera infrarossa per ottenere immagini (256X256 pixel) e misure fotometriche in 4 bande nel vicino e medio infrarosso; L’IRS (InfraRed Spectrograph) è uno spettrografo che può osservare a media o bassa risoluzione spettrale mentre il MIPS (Multiband Imaging Photometer for Spitzer) è un fotometro che permette di ottenere immagini e misure fotometriche in 3 bande del medio e lontano infrarosso.

Tra l’altro proprio in merito al progetto Spitzer nel 2007 è emerso che anche il Vaticano collabora con la NASA ad un programma sullo studio delle stelle doppie e la formazione dei pianeti fuori dal Sistema Solare. La notizia venne diffusa dalla stessa Radio Vaticana il 30 marzo così come dal sito dell’Espresso e riportava quanto segue: “Quando si parla di stelle doppie ci si riferisce ad un sistema in cui due stelle rivoluzionano una intorno all’altra e sono ‘legate’ tra loro dalla mutua forza gravitazionale.

Tra le stelle doppie, risalta Sirio l’astro più luminoso del cielo notturno. Sirio, che si trova ad una distanza di 8,6 anni luce dal nostro pianeta, è una delle stelle più vicine alla Terra. Questo è il motivo principale della sua luminosità. Utilizzando il telescopio Spitzer Space, si legge in un comunicato della NASA, gli astronomi hanno scoperto che ci sono almeno tanti sistemi con stelle doppie quanti ce ne sono con una sola stella, come il nostro. E’ quindi possibile che nell’universo esistano numerosi pianeti legati a due o più stelle.

I dati elaborati dalla NASA mostrano, inoltre, che i sistemi stellari binari, cioè con stelle doppie, sono luoghi adatti alla formazione di pianeti. Fino ad oggi questi sistemi erano stati largamente ignorati per le notevoli difficoltà incontrate nello studiarli. Il progetto della NASA, portato avanti con la Specola Vaticana (ndr. la Specola di Castelgandolfo è stata fondata ed è diretta dai Gesuiti) ed altre istituzioni scientifiche, può dunque aprire scenari inesplorati sulla formazione dei pianeti e la natura delle stelle”.

Il South Pole Telescope (SPT)

Un’altra area che proprio negli ultimi anni ha visto concentrarsi lo sviluppo di nuovi progetti ed installazioni per la ricerca astronomica è l’Antartide. A questo punto è inevitabile riallacciarsi a quanto in precedenza accennato da Masters ed al progetto del South Pole Telescope (SPT) sito presso la base permanente USA Amundsen-Scott. La Amundsen-Scott South Pole Station, intitolata ai due conquistatori del Polo Sud geografico, venne realizzata dagli USA in seguito all’operazione Deep Freeze I in occasione dell’Anno geofisico internazionale, cominciò a operare il 9 gennaio 1957.

Nel corso degli anni l’installazione ha registrato diversi ampliamenti e modernizzazioni strutturali culminati a partire dal 1999 con una riedificazione della base in edifici rialzati rispetto alla superficie glaciale. Lo scorso gennaio infatti è stata ufficialmente inaugurata la nuova e supermoderna stazione Admunsen-Scott al Polo Sud geografico. La nuova base, costata 152 milioni di dollari ed allestita negli ultimi anni, ha richiesto un impiego massiccio di velivoli da trasporto Hercules LC-130 (più di 900 voli) decollati da McMurdo e atterrati a South Pole col materiale necessario al montaggio. La stazione Amundsen-Scott è la più moderna base scientifica dell’Antartide; è finanziata e gestita dalla National Science Foundation NSF.

A partire dal novembre 2006 ha avuto inizio la costruzione del South Pole Telescope i cui pezzi ed apparati sono stati assemblati negli Stati Uniti e con un lungo ponte aereo (impiegando sempre velivoli da trasporto C-130) dislocati presso la stazione di ricerca della National Science Foundation dove è stato ufficialmente avviato nel febbraio 2007. Molto più sofisticato e longevo dell’IRAS o del Telescopio Spaziale Hubble messi insieme il South Pole Telescope, che ha un diametro di 10m, è frutto della collaborazione dell’Università di Chicago, di quella di Berkley, della Case Western Reserve University, dell’Università dell’Illinois, dello Smithsonian Astrophysical Observatory, e dal principale finanziatore del progetto ovvero la National Science Foundation Office of Polar Programs – NSF OPP, dall’U.S Antarctic Program, dalla General Dynamics/VertexRSI e dalla Raytheon Polar Services Company che è parte del gigante Raytheon Company, un importante partner della difesa americana oltre che la più grande industria di apparati elettronici per la difesa nel mondo.

Tra l’altro la Raytheon insieme alla British Aerospace Systems nella prima metà degli anni ’90 si è occupata della costruzione e sviluppo del sistema di antenne HAARP di Gakona, in Alaska e sarebbe coinvolta in altre ricerche militari sul controllo climatico.

La compagnia americana ha assorbito E-Systems una delle maggiori fornitrici di tecnologie avanzate ai servizi segreti di molte potenze mondiali e si da il caso che nel febbraio 2000 in seguito ad uno studio-ricerca dell’Unione europea commissionato a Duncan Campbell (un esperto del Comitato scientifico del parlamento europeo) è emerso che la Raytheon provvede alla manutenzione e aggiornamento del sistema di spionaggio Echelon.

La Raytheon insieme a Boeing, Lockheed Martin, Raytheon e TRW formano i “Grandi Quattro” del complesso militare-industriale che si spartiscono una fetta gigantesca delle spese del Pentagono per l’acquisizione dei materiali, la ricerca e la tecnologia. Infine, come già esaminato in precedenza, la Raytheon insieme alla Kodak ed alla Lockheed Martin hanno progettato non il satellite Ikonos ma hanno partecipato al programma dei satelliti segreti Keyholes.

E guarda caso tutte insieme fanno parte del consorzio che gestisce il programma – Space Imaging Inc in Colorado dove ha lavorato anche Maynard. Avviato nel febbraio 2007 il South Pole Telescope è stato progettato per operare su una lunghezza d’onda millimetrica e submillimetrica, in campi dello spettro elettromagnetico tra l’infrarosso e le microonde grazie ai sistemi FIRST (Far-infrared Submillimetre Telescope) e SIRTF (Space Infrared Telescope Facility) di cui il telescopio è dotato.

Generalmente si è propensi a ritenere l’Antartide un luogo inadatto a studi e ricerche di tipo astronomico invece per gli esperti è un luogo ideale per osservare per osservare il cosmo nel millimetrico, submillimetrico e nel medio infrarosso con condizioni ambientali che in nessun altro luogo sulla Terra è possibile trovare. Del resto non solo gli americani sono presenti nell’area da anni con missioni astronomiche oltre che scientifiche in altri settori anche diversi paese europei tra cui l’Italia partecipano a programmi astronomici come quello statunitense.

Nel 1959 venne stabilito il cosiddetto Trattato Antartico (entrato in vigore nel 1961) stipulato tra 12 paesi che aderirono fin dall’inizio e che sospendeva qualsiasi rivendicazione territoriale, sfruttamento di risorse esistenti e favorendo un uso pacifico del continente.

Nel 1981 l’Italia ha sottoscritto questo trattato e dopo quattro anni ha istituito il PNRA Programma Nazionale di Ricerche in Antartide, mentre nel 1991 è stata approvata una legge che organizza le attività di ricerca del nostro paese in Antartide su base quinquennale. In seguito è stata realizzata una base permanente a Baia Terra Nova con annesso osservatorio astrofisico per ricerche nel submillimetrico e di cosmologia, OASI, lungo la costa del Mare di Ross.

La costruzione della base, l’implementazione di vari campi remoti e l’avvio delle operazioni, hanno permesso all’Italia di essere ammessa al Trattato Antartico. Nel 1993 il PNRA in collaborazione con la Francia ha costruito una seconda base denominata Dome C in un punto sopra l’esteso altopiano di ghiaccio che ricopre l’interno dell’Antartide (plateau Antartico).

L’Altopiano Antartico è in linea di principio il luogo migliore per osservare e studiare dalla terra il cosmo nelle lunghezze d’onda dell’infrarosso in quanto i telescopi spaziali infrarossi (che sono superiori grazie alle osservazioni al di fuori dell’atmosfera) risultano in primis costosi. Inoltre il liquido criogenico in cui è racchiusa la loro strumentazione di piano focale e che mantiene il rivelatore a pochi gradi sopra lo zero assoluto una volta esaurito non può essere sostituito. Un esempi lampante sono stati l’IRAS e l’ISO che durarono rispettivamente meno di un anno il primo e meno di due e mezzo il secondo.

Pertanto era fondamentale disporre di un area dove installare telescopi per l’infrarosso medio, con possibilità di essere impiegati per molto tempo e che possano approfittare di alcune finestre infrarosse di trasparenza e di stabilità dell’atmosfera (5), come sembrano permettere le condizioni sull’Altopiano Antartico.

Su quest’ultimo nel 1993 è stata costruita a ben 3200 metri sopra il livello del mare la base Italo-Francese Dome C (o Dome Concordia) nell’ambito del progetto Concordia con la partecipazione del PNRA italiano e dell’istituto polare francese (IPEV). La base si trova a circa 1200 chilometri dalla base costiera italiana di Baia Terra Nova e a circa 1800 chilometri dal polo sud geografico dove si trova la base americana Amundsen-Scott detta anche South Pole. A Dome C si trova il Telescopio Infrarosso Antartico Italiano IRAIT (Italian Robotic Antarctic Infrared Telescope) frutto della collaborazione del Dipartimento di Fisica dell’Università di Perugia e della Spagna con l’Università di Granada e l’Istituto di studi avanzati di Barcellona.

L’IRAIT è un telescopio infrarosso da 80 cm di diametro, progettato e ottimizzato per osservazioni nel medio infrarosso, finanziato dal PNRA a partire dal 1996 e installato presso la base Dome-C dove è divenuto operativo nel 2007.

La peculiarità tecnologica dell’IRAIT consiste nell’aver realizzato un criostato completamente robotizzato, in grado di lavorare alle estreme condizioni di Dome C (3200 m, pressione 600 mBar, temperature tra -90 e -30 C). I rivelatori lavorano a temperature di 5 e 30 K (rispettivamente per il medio e il vicino Infrarosso). Lo strumento principale del telescopio è AMICA (Antarctic Multiband Infrared CAmera) una camera con due canali attrezzati per osservazioni nel vicino (1-5 micron) e medio (7-25 micron) Infrarosso. Il sistema IRAIT-AMICA ha come obbiettivo principale lo studio del sito antartico per le osservazioni Infrarosse, la ricerca di stelle fredde (Nane Brume e L-type) e alcune sorgenti extragalattiche come le luminous IR galaxies a gli AGN (Active Galactic Nuclei – Nuclei Galattici Attivi)

Il progetto della camera AMICA è stato ideato presso l’Osservatorio Astronomico di Teramo e nel dicembre 2004 si è concretizzato tramite la collaborazione dell’Osservatorio di Torino, dell’Osservatorio di Padova e dell’Osservatorio di Milano.

Gli antichi Sumeri ci hanno indicato dove osservare…

Come accennato in precedenza il 16 gennaio 1990 il prof. Harrington dichiarò all’American Astronomical Society ad Arlington in Virginia che l’Osservatorio Navale degli Stati Uniti aveva ristretto la ricerca del Decimo Pianeta ai cieli meridionali. Tali esternazioni così come gli studi di Harrington, e non solo, vengono definiti dallo stesso Sitchin nel suo volume “L’altra Genesi” decimante esaltanti.

Principalmente perché la scienza attuale avrebbe scoperto quanto era già noto ai Sumeri ossia l’esistenza di in un altro pianeta nel sistema solare ma soprattutto perché confermerebbero anche i dettagli inerenti la sua orbita e le sue dimensioni.

“L’astronomia sumera – scrive Sitchin – suddivideva i cieli intorno alla Terra in tre fasce o “Vie”. Quella centraje era la “Via di Anu”, sovrano di Nibiru, e si estendeva da 30° a nord a 30° a sud. Sopra si trovava la “Via di Enlil” e sotto la “Via di Ea/Enki”.

Gli astronomi contemporanei che studiavano i testi sumeri non riuscivano a comprendere il senso di questa divisione; l’unica spiegazione che ero riuscito a trovare era il riferimento in questi testi all’orbita di Nibiru/Marduk quando si scorgeva dalla Terra:

Pianeta del dio Marduk:

al suo apparire: Mercurio

al sorgere di 30° dell’arco celeste: Giove

quando si trova nel luogo della battaglia celeste: Nibiru.

Nibiru e i sumeri
nibiru

Queste istruzioni per osservare il pianeta in arrivo fanno chiaramente riferimento alla sua progressione da un allineamento con Mercurio a un allineamento con Giove con un aumento di 30°. Questo poteva accadere solo se l’orbita di Nibiru/Marduk è inclinata di 30° sull’eclittica. Comparendo 30° sopra l’eclittica e scomparendo (se l’osservatore si trova in Mesopotamia) 30° al di sotto di essa, crea la “Via di Anu”, che forma una fascia che si estende per 30° sopra e sotto l’equatore. Il 30° parallelo nord, ho evidenziato in Le astronavi del Sinai, era una linea “sacra” lungo la quale erano situati il porto spaziale della penisola del Sinai, le grandi piramidi di Giza e lo sguardo della Sfinge. Sembra plausibile che l’allineamento sia collegato alla posizione di Nibiru, 30° nei cieli settentrionali, quando raggiungeva il perielio della sua orbita.

Concludendo che l’inclinazione del Pianeta X potrebbe essere di 30°, gli astronomi contemporanei non fanno altro che corroborare i dati degli astronomi sumeri. E altrettanto fa la scoperta più recente, secondo la quale il pianeta sta orbitando verso di noi provenendo da sud-est, dalla direzione del Centauro. Oggi vediamo la costellazione zodiacale della Bilancia, ma ai tempi della Bibbia e di Babilonia, quella era la casa del Sagittario. Un testo citato in Reports of the Magicians and Astronomers of Niniveh and Babylon, di R. Campbell Thompson (8), descrive i movimenti del pianeta in avvicinamento quando curva attorno a Giove per arrivare al luogo della Battaglia Celeste nella Fascia degli Asteroidi, il “Luogo dell’Attraversamento” (da qui il nome Nibiru):

Quando dalla postazione di Giove

il Pianeta passa verso ovest,

vi sarà un tempo di tranquillità e sicurezza.

Quando dalla postazione di Giove

il Pianeta diverrà più luminoso

e nella casa zodiacale del Cancro diventerà Nibiru,

Akkad traboccherà di abbondanza.

Si può spiegare semplicemente (fig.107) dicendo che, quando il perielio del pianeta era nel Cancro, la sua prima apparizione era dal Sagittario. In questo senso è opportuno citare i versi biblici dal libro di Giobbe che descrive la comparsa del Dio celeste e il suo ritorno alla sua casa distante:

Da solo egli si allunga nei cieli

e cammina nelle più remote profondità.

Arriva alla Grande Orsa, Orione e Sirio

e le costellazioni del sud.

Egli volge il volto sorridente verso Toro e Ariete;

dal Toro al Sagittario egli andrà.

Non si tratta solo della descrizione di un arrivo da sud-est (e il ritorno in quel punto), ma anche di un’orbita retrograda”. Alla luce di quanto finora esposto ci sarebbero diversi argomenti e spunti di riflessioni che però è più opportuno affrontare in futuro meritando un’approfondita disamina.

Non ultimo il delicato e alquanto controverso tema delle profezie di alcuni testi e messaggi passati che a detta di alcuni studiosi sarebbero correlati allo stesso Nibiru ed alla sua futura e funesta ricomparsa. Un argomento quest’ultimo che lo stesso Sitchin ha affrontato chiaramente nell’intervista rilasciata a Scantamburlo nel 2006 dove cita esplicitamente il Libro dell’Apocalisse e l’Armageddon. Ora in proprio in merito a quest’ultimo argomento vorrei ricordare come lo stesso Papa Giovanni Paolo II in diverse occasioni abbia pubblicamente citato proprio alcuni passi della Sacra Scrittura.

Proprio nel 2000 durante l’Omelia del Papa nella Messa di beatificazione di Francesco e Giacinta avvenuta il 13 maggio Giovanni Paolo II fece riferimento per ben due volte al capitolo 12 dell’Apocalisse affermando che: “…in questo momento ci troviamo nel mezzo del capitolo 12, versetto 3 del Libro delle Rivelazioni”.

Il passaggio citato è quello riguardante il Primo Segno: la Donna e il Dragone: …“Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra….”. Ma quella che veramente merita un’attenta riflessione (per chi sa leggere tra le righe) e che in un certo senso potrebbe riallacciarsi a quanto citato in precedenza in alcuni punti da McCanney è il contenuto di alcune affermazioni (Le prime in senso apocalittiche) fatte nel 1980 dall’allora neo eletto Papa Giovanni Paolo II in merito al presunto Terzo Segreto di Fatima.

La vicenda però divenne nota solo nell’ottobre del 1981 quando la rivista cattolica tedesca Der Stimme des Glaubens pubblicò un articolo riguardante una discussione avvenuta tra Papa Giovanni Paolo II ed un gruppo selezionato di Cattolici Tedeschi nel novembre del 1980.

Qualcuno del gruppo di fedeli che il Pontefice incontrò durante la visita in Germania aveva un registratore e la trascrizione letterale di quella conversazione venne pubblicata dalla rivista tedesca l’anno seguente. Tra l’altro la prefazione all’articolo affermava: “sappiamo il nome del reporter e anche che il contenuto dell’articolo è autentico”, mentre la traduzione in Italiano è stata tratta dalla versione Inglese redatta da Padre Michael Charles Crowdy per la rivista religiosa Approaches, edita da Mr. Hamish Fraser, Scozia.

La versione italiana venne tradotta originariamente dal quindicinale romano «Sì sì no no» di Padre Francesco Putti nel gennaio 1982 in occasione sessantaduesimo anniversario delle apparizioni di Fatima. Ecco il testo della trascrizione letterale di quella discussione: “Che cosa ci può dire riguardo al Terzo Segreto di Fatima? Non avrebbe dovuto essere pubblicato nel 1960?”

Note

(1) L’Astronomia infrarossa (IR) studia la radiazione con lunghezza compresa fra una frazione di millimetro e circa 8,000 Angstrom, ove inizia la radiazione visibile. In questo intervallo sono visibili sia sorgenti termiche, come le stelle più fredde, che sorgenti non termiche come gli AGN. Sono inoltri fortemente visibili le polveri presenti in tutte le galassie a spirali.

(2) In astronomia, le Nane Brune sono un tipo particolare di stelle di piccola massa (meno di 0,08 volte la massa del Sole, corrispondente a 70 masse gioviane), che non brillano grazie alla fusione dell’idrogeno in elio nel loro nucleo, ma si limitano a contrarsi lentamente. Per questo motivo a volte sono considerate solo dei grossi pianeti. Nei primi stadi della loro vita, la maggior parte delle nane brune in effetti genera un po’ di energia grazie alla fusione del litio e del deuterio, elementi molto facili da fondere e che sono infatti assenti dalle stelle normali (che li bruciano immediatamente).

La presenza del litio è un forte indizio che un oggetto di piccola massa sia una nana bruna. Le nane brune continuano a brillare nel rosso e soprattutto nell’infrarosso dopo che hanno finito il deuterio. La sorgente di energia per il loro brillare è semplicemente il calore rimasto dalla combustione del deuterio e del litio, che però si riduce lentamente. Le atmosfere delle poche nane brune conosciute hanno temperature che variano da 2.300 a 700 gradi C. Si conoscono solo poche nane brune, e molte neppure certe.

Si pensa che siano stelle molto comuni, ma la loro osservazione è resa difficile dalla loro bassissima luminosità, che le rende invisibili già a piccole distanze.

(3) L’IRAS conteneva un telescopio a specchio del diametro di 60 centimetri, ed è stato il primosatellite per il rilevamento delle sorgenti infrarosse. IRAS fece una mappa del 96% del cielo per quattro volte, alle lunghezze d’onda di 12, 25, 60 e 100 micrometri, con risoluzioni che andavano dal mezzo minuto d’arco (a 12 micrometri) fino a due minuti d’arco (a 100 micrometri).

La missione, stando ai dati ufficiali forniti, durò meno del previsto (10 mesi) a causa di un guasto che fece evaporare più velocemente del previsto la riserva di elio superfluido usato dal sistema di raffreddamento. Una volta riscaldato, il satellite non poté più fare osservazioni nell’infrarosso perché era ormai più caldo delle sorgenti che cercava di misurare.

(4) Il Deep Space Network DSN è una rete internazionale di radiotelescopi, che svolge attività di supporto alle missioni interplanetarie e di esplorazione del sistema solare e dell’universo nei campi dell’astronomia radio e radar. Anche particolari missioni in orbita intorno alla Terra possono usufruire del DSN nelle loro comunicazioni. Il DSN è parte del Jet Propulsion Laboratory (JPL) della NASA.

Quest’ultima nel 1958 il Jet Propulsion Laboratory venne incaricato di progettare ed eseguire missioni d’esplorazione con sonde spaziali semi-automatiche della Luna e degli altri pianeti del Sistema Solare. In seguito la NASA sviluppò il sistema Deep Space Network, un unico sistema d’ascolto indipendente, in grado di gestire le comunicazioni con tutte le future missioni verso lo spazio profondo.

Attualmente Il Deep Space Network è il massimo nello sviluppo di ricevitori a basso rumore; sistemi di tracciamento, telemetria e commando; elaborazione di segnali digitali e navigazione nello spazio profondo. Esso è costituito da tre complessi per le comunicazioni da e verso lo spazio profondo, distanziati approssimativamente 120° l’uno dagli altri: il Goldstone Deep Space Communications Complex, nel deserto del Mojave, in California; il Madrid Deep Space Communication Complex, 60 km ad ovest di Madrid, Spagna; e il Canberra Deep Space Communications Complex, 40 km a sud-ovest di Canberra, Australia.

L’esplorazione del Sistema Solare è condotta principalmente per mezzo di sonde semi-automatiche. Le antenne che costituiscono il Deep Space Network sono riflettori parabolici, manovrabili, ad alto guadagno che consentono di: acquisire i dati (telemetria), trasmettere comandi e determinare posizione e velocità di una sonda spaziale; ottenere dati scientifici, le antenne infatti quando non svolgono la loro attività di collegamento possono condurre operazioni come potenti radiotelescopi, singolarmente o in gruppo.

(5) Le osservazioni astronomiche nell’infrarosso avanzato si possono effettuare da terra solo in corrispondenza di “finestre” di trasparenza dell’atmosfera, tanto più ampie e profonde quanto minori sono le quantità di vapore acqueo e anidride carbonica presenti nell’atmosfera stessa. La bassa temperatura e il clima estremamente secco del Continente Antartico fanno sì che questo luogo inospitale sia uno dei migliori luoghi per l’astronomia infrarossa presenti sulla Terra.

(6) Le Domes sono regioni più elevate rispetto al resto del continente antartico, ed hanno una caratteristica che li rende particolarmente interessanti rispetto ad esempio alle montagne della catena Transantartica: sono regioni molto elevate e molto estese, sono praticamente delle pianure ad alta quota. I più alti Dome, o sommità locali isolate, del plateau antartico sono Dome A (Argus) il più alto a 4100 metri sul livello del mare e potenzialmente il luogo d’osservazione migliore sul pianeta, ma molto difficile da raggiungere, Dome F (Fuji, 3810 m) e Dome C (Concordia).

(7) Una galassia attiva è una galassia dove una frazione significativa dell’energia viene emessa da oggetti diversi dai normali componenti di una galassia: stelle, polveri e gas interstellare. Questa energia, a seconda del tipo di galassia attiva, può essere emessa lungo quasi tutto lo spettro elettromagnetico, come infrarossi, onde radio, UV, raggi X o raggi gamma.

(8) Reginald Campbell Thompson (1876-1941) era un noto archeologo Inglese nonché assirologo ed esperto di scritture cuneiformi. Negli anni ‘30 partecipò ai lavori di scavo del sito di Ninive di Ur di Carchemish e di molti altri. Per diversi anni associato presso il British Museum, Thompson è stato anche un insegnate del tenente colonnello Thomas Edward Lawrence (un agente segreto, militare, archeologo e scrittore inglese divenuto noto con lo pseudonimo di Lawrence d’Arabia) e dello scrittore ed archeologo britannico Max Edgar L. Mallowan.

Thompson durante la sua vita ha scritto diversi testi tra cui: “Reports of the Magicians and Astronomers of Niniveh and Babylon”; “The Devils And Evil Spirits Of Babylonia”; “Late Babylonian Letters”; “Assyrian Medical Texts From The Originals In The British Museum”; “A Catalogue Of The Late Babylonian Tablets In The Bodleian”.

Redazione Universo7p

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1 commento

  1. bee diventa sempre più chiara..un planetoide o x meglio dire un pianeta nave.. dotata di conoscenze tecnologie avanti a noi di milioni di anni in grado di fare cose che noi possiamo solo realizzare con i film di fantascienza.. questa è la verità..

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